Coronavirus

I casi attivi scendono sotto quota centomila. Ma i virologi: "Probabile un nuovo aumento"

Tra ottimismo e cautela. Lopalco e Rezza avvisano: "Situazione da gestire"

I casi attivi scendono sotto quota centomila. Ma i virologi: "Probabile un nuovo aumento"

Eravamo in centomila. Anzi, qualcuno in meno. Il primo giorno della Fase 2 viene battezzato da un numero simbolicamente importante (anche se la realtà è un'altra cosa): i contagi ufficiali attivi scendono sotto quota 100mila, per la precisione 99.980. Era dall'11 aprile, il sabato di Pasqua, che il dato era sempre al di sopra di questa soglia psicologica.

Il traguardo viene raggiunto grazie al fatto che dal novero dei «positivi» si aggiungono soltanto 1.221 casi, ed è il più basso dall'8 marzo, il primo giorno del parziale lockdown (quel giorno ci fu un +988). E si levano purtroppo 195 morti e per fortuna 1.225 guariti, che portano i due totali rispettivamente a 29.079 decessi e 82.879 dimissioni. Il totale dei casi finora contati in Italia è di 211.938. In Umbria, Basilicata e Molise ieri zero contagi, mentre in Sadegna, Calabria, Basilicata e Molise zero morti.

Tra i malati, scende continuamente la percentuale di coloro che si trova in terapia intensiva: sono 1.479, ventidue in meno rispetto a domenica e sono l'1,48 per cento del totale. In calo anche i positivi con sintomi ricoverati in reparti ospedalieri ordinari, che sono 16.823 (-419). Salgono invece sia in assoluto sia in percentuale rispetto al totale i positivi asintomatici o quasi, che si trovano in isolamento domiciliare fiduciario: sono 81.678, 242 in più e rappresentano l'81,68 per cento. Anche questa è una buona notizia: meno positivi e sempre meno gravi.

I dati fanno sorridere ma vanno parametrati a un numero di tamponi più basso rispetto al solito: appena 37.631 (su 22.999 soggetti «nuovi»), con un tasso giornaliero di nuovi casi rispetto ai tamponi del 3,24 per cento. Attualmente il tasso di positività generale è del 9,67 per cento.

I numeri non sono particolarmente buoni in Lombardia, che ieri ha fatto registrare 577 nuovi contagi (il 47,25 per cento del totale nazionale) e 63 nuovi morti (il 32,30 per cento). In Lombardia continua a esserci un tasso di mortalità (il 18,3 per cento) molto più alto della media nazionale (13,7).

Ieri a fare il punto «scientifico» della situazione ci hanno pensato l'epidemiologo Pierluigi Lopalco, professore di Igiene generale e applicata all'università di Pisa e Giovanni Rezza, direttore del Dipartimento malattie infettive dell'Iss. Lopalco ha messo tutti sul chi va là: «Io credo che un aumento dei casi sia molto probabile. È chiaro che l'aumentato numero di flussi umani accresce il rischio. Se riusciremo a gestire questa situazione dipende dalla combinazione di due fattori: cittadini e soprattutto aziende responsabili, e un sistema sanitario che risponde velocemente». Quanto a Rezza ha usato più o meno gli stessi argomenti («dobbiamo essere bravi sul territorio, intercettare i focolai, identificare prontamente i casi, fare test, rintracciare i contatti e possibilmente testarli») ed è tornato sull'origine della pandemia («ipotizziamo che il virus in Lombardia sia entrato molto presto, a gennaio, probabilmente con una persona arrivata dalla Cina, qualcuno dice dalla Germania»).

Rezza ha anche detto che non esistono prove sul fatto che l'aria condizionata, «aerosolizzando» il virus, possa contribuire a diffonderlo.

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