
Ministri estremisti e coloni violenti. E poi il "poltiburo" di Hamas. Sono bipartisan le sanzioni proposte agli stati membri dalla commissione europea, ma a fare scalpore è soltanto il cartellino giallo mostrato al (teorico) alleato israeliano. Ciò che renderà molto difficile che le sanzioni scattino davvero, dal momento che per alcune di esse è richiesta un'unanimità nell'approvazione che appare piuttosto improbabile.
Ma il segnale è forte. I due ministri israeliani che potrebbero essere sanzionati (e quindi subire il congelamento dei beni, il divieto di fornire fondi e risorse e quello di ingresso nell'Ue) sono Itamar Ben-Gvir (Sicurezza nazionale) e Bezalel Smotrich (Difesa) poiché, spiegano da Bruxelles, "appartengono a movimenti di estrema destra, incitano azioni violente nei territori occupati e nel gabinetto optano sempre per le soluzioni più negative per la popolazione di Gaza". Oltre ai ministri l'esecutivo Ue propone di aggiungere alla lista nera altri tre coloni violenti e sei entità, oltre che dieci membri di Hamas, ovvero "figure del Politburo con potere decisionale", residenti a Gaza, Cisgiordania e Paesi esteri. Queste sanzioni ad personam richiedono l'unanimità e infatti l'ex alto rappresentante dell'Unione europea Josep Borrell aveva già chiesto, nell'agosto del 2024, di colpire Ben-Gvir e Smotrich, senza però raggiungere l'appoggio totale dei 27. E malgrado da Bruxelles facciano sapere che "da allora molto è cambiato sul terreno, molti Paesi Ue hanno approvato le sanzioni a livello nazionale e lo hanno fatto altri Paesi europei, come il Regno Unito", anche stavolta appare estremamente improbabile il percorso netto nell'approvazione.
Discorso differente per l'altra parte delle sanzioni, quelle che riguardano la possibile sospensione del trattamento preferenziale dei capitoli commerciali nel quadro dell'accordo di associazione Ue-Israele, per il quale basta la maggioranza qualificata. Un provvedimento che riguarda una frazione minima degli interscambi commerciali tra i due soggetti (227 milioni di mancate agevolazioni sui dazi e 14 milioni di fondi di cooperazione internazionale a fronte di 16 miliardi di importazioni di prodotti made in Israel nel 2024) e che in ogni caso non riguarderà il settore delle armi, poiché non rientra nelle specificità dell'accordo di associazione ma è coperto dal quadro generale del Wto. Da fonti vicine all'esecutivo si precisa inoltre che gli armamenti beneficiano spesso della "clausola di confidenzialità" per cui non è possibile sapere il valore dell'interscambio di armi tra l'Unione Europea e Tel Aviv.
La minaccia di sanzioni, ancorché depotenziata dall'incertezza sull'approvazione e dalla certezza che non riguarderanno le armi, suscita l'indignazione da parte di Israele: "La raccomandazione della commissione Ue è distorta dal punto di vista morale e politico, e si spera che, come in passato, non venga adottata", scrive su X il ministro degli Esteri Gideon Sa'ar, che aggiunge: "Eventuali provvedimenti contro Israele riceveranno una risposta adeguata, anche se speriamo che non si arrivi a quel punto".
Contro il pacchetto voteranno quasi certamente l'Ungheria, la Repubblica Ceca e la Bulgaria, ma altri Paesi sono in bilico, tra i quali due "giganti" continentali come Germania e Italia. Ieri al Comitato dei rappresentanti permanenti (il Coreper, organo del Consiglio dell'Ue) i 27 stati membri hanno iniziato a discutere le rispettive posizioni, che verranno approfondite nei prossimi giorni a livello ministeriale anche nei vari Consigli Ue.
L'Italia ha ricordato il proprio sostegno alla risoluzione Onu per la soluzione a due Stati, ribadendo il proprio sostegno all'adozione di sanzioni contro coloni violenti e dicendosi "disponibile a parlare di sanzioni contro i ministri estremisti israeliani". La parola passa ora al governo Meloni.