Meloni è pronta al sorpasso su Renzi: è il quarto governo più longevo e stabile. Il nodo decreti con il Quirinale

Gelo tra Chigi e il Colle. Oggi in Senato il dl Sport. Ma l'esecutivo ha deciso di non modificare la norma sui grandi eventi come chiesto dal capo dello Stato

Meloni è pronta al sorpasso su Renzi: è il quarto governo più longevo e stabile. Il nodo decreti con il Quirinale

da Roma

Longevità e un buon rapporto con il Quirinale sono sinonimo di stabilità per qualsiasi governo. Compreso quello di Giorgia Meloni, sul quale nelle ultime settimane i due fattori sembrano però pesare in modo piuttosto divergente.

Ma andiamo con ordine.

La data davvero da cerchiare sul calendario è quella di venerdì 4 settembre 2026. Non proprio dietro l'angolo, ma - se le cose andranno come spera Meloni - sarà quello il giorno in cui il suo governo conquisterà l'invidiabile primato di essere il più longevo della storia della Repubblica. Se arrivasse fino ad allora ancora in sella, infatti, la premier toccherebbe i 1.413 giorni consecutivi a Palazzo Chigi, bruciando il primato che oggi appartiene a Silvio Berlusconi. Che occupa sia il primo che il secondo gradino del podio: 1.412 è durato il suo secondo governo (2001-2005), 1.287 il suo quarto (2008-2011). Medaglia di bronzo a Bettino Craxi, che con il suo primo esecutivo è stato a Palazzo Chigi per 1.093 giorni (1983-1986).

E se il traguardo che conta è lontano, Meloni si prepara a brevissimo a un "sorpasso" di lusso. Quello su Matteo Renzi, che con 1.024 giorni è ora al quarto posto di questa particolare classifica. La prossima settimana, esattamente giovedì 12 agosto, la premier arriverà infatti a 1.025. Con l'ingresso sul gradino più basso del podio che è ormai quasi una formalità. Il 20 ottobre, infatti, Meloni supererà anche Craxi, diventando il terzo governo più longevo di sempre.

Tutti motivi di soddisfazione per la premier, che non ha mai nascosto l'ambizione di continuare a scalare questa particolare classifica, rivendicando come la stabilità del suo esecutivo sia decisiva nella percezione che hanno dell'Italia sia gli altri capi di governo che mercati e investitori stranieri. Arrivati vicino alla boa del terzo anno di legislatura, peraltro, il governo non sembra dare segnali di debolezza. Merito di un'opposizione evanescente, certo. Ma anche di una maggioranza che quasi sempre è riuscita a tenere lontano dai riflettori gli inevitabili momenti di tensione. Tanto che i dissidi tra Meloni e Salvini (nella prima parte della legislatura) e tra la premier e Tajani (più recenti) non sono mai davvero deflagrati pubblicamente.

Qualche frizione, invece, si è registrata con il Quirinale. Una tensione spesso rimasta sotterranea ma che si è andata riaccendendo la scorsa settimana. A Palazzo Chigi, infatti, non hanno affatto gradito i numerosi rilievi posti dal Colle sul decreto Economia e sul decreto Sport.

Nel primo caso gli uffici giuridici del Quirinale hanno ritenuto "non prioritari", perché estranei alla materia trattata, oltre un centinaio di emendamenti. Su cinque in particolare si è però deciso di procedere, ovviamente con il via libera del governo, approvandoli in commissione Bilancio alla Camera nella notte tra martedì e mercoledì scorso. Al Colle non hanno gradito e hanno fatto informalmente sapere che senza modifiche il decreto non sarebbe stato controfirmato. E in meno di 24 ore i cinque emendamenti sono stati stralciati.

Nel secondo caso il nodo è l'articolo 9 quater del dl Sport, che consente a Sport e Salute (società controllata dallo Stato) di essere presente nei comitati dei grandi eventi sportivi che ricevono finanziamenti pubblici superiori ai 5 milioni. Mercoledì scorso, infatti, il Quirinale ha tirato nuovamente fuori la matita rossa per sottolineare come la materia non abbia carattere di urgenza, risultando dunque inappropriato lo strumento del decreto. Obiezione a cui questa volta Palazzo Chigi avrebbe risposto facendo spallucce. Nel governo, infatti, ritengono eccessivi e comunque troppo numerosi i rilievi che arrivano dal Colle. E la questione che riguarda Sport e Salute sembra essere ormai diventata il terreno di un braccio di ferro ben più ampio.

Così, quando questa mattina il dl Sport arriverà in commissione al Senato per un parere, l'intenzione è quella di modificarlo in due parti, ma senza toccare il discusso articolo 9 quater. A quel punto il provvedimento tornerà alla Camera (mercoledì o giovedì) per la terza lettura e poi la palla passerà al Quirinale. Che, a meno non decida di soprassedere e firmare lo stesso il decreto, avrà due opzioni. La prima: il capo dello Stato non controfirma e rinvia il dl alle Camere, a quel punto con una copiosa richiesta di modifiche. La seconda: decide comunque di controfirmare, accompagnando però il provvedimento con una lettera indirizzata alla presidente del Consiglio e ai presidenti delle Camere in cui espone i suoi rilievi.

Il primo scenario sarebbe politicamente drammatico e aprirebbe una crepa difficile da ricomporre. Avrebbe l'effetto dello "sparo di Sarajevo", per usare l'immagine evocata da un big della maggioranza.

È altamente improbabile che si arrivi fino a questo punto e lo scenario più plausibile è certamente il secondo. Ma a certificare quanto il clima sia teso ci sono due dettagli. Il primo è che nel centrodestra hanno già studiato i precedenti in materia: l'ultimo decreto legge non controfirmato dal Quirinale risale al 2002, presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi.

Il secondo è che più di un esponente della maggioranza evoca l'articolo 74 della Costituzione per sottolineare come il Colle abbia un potere sospensivo ma non di veto: se dopo il rinvio le Camere riapprovano il provvedimento senza modificarlo, il capo dello Stato (foto) non può infatti più opporsi e deve procedere alla promulgazione.

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