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Il Pd allo sbando si aggrappa a Martina

Direzione complicata dopo il flop alle elezioni. Renzi assente: "Mi dimetto ma non mollo". Martina: "Guida collegiale". Ma conferma la linea di opposizione e frena sul congresso

Il Pd allo sbando si aggrappa a Martina

"Orfini è un artista nel cambiare le regole a seconda delle opportunità di vittoria che ha la sua parte. E ora la sua parte ha possibilità di vittoria più contenute rispetto alle precedenti primarie". Michele Emiliano è sicuramente una delle voci più critiche. E non si fa problemi a bollare il nuovo segretario come "uno di serie B". La direzione arriva in uno dei momenti più caotici nei quasi undici anni di vita del Pd. Il voto svela un partito sotto il 20%. Matteo Renzi si è dimesso cercando però di dettare i paletti sul futuro del Nazareno ("Non fate intese con il Movimento 5 Stelle o la Lega"). Paletti non facilmente digeribili dalla minoranza dem. A Maurizio Martina ora spetta il compito di ricostruire la "collegialità necessaria" a far ripartire il partito.

"Caro Paolo, io non mollo". Alla fine Renzi non si è presentato alla direzione. Dopo le dimissioni, lette pubblicamente da Matteo Orfini all'inizio dei lavori, l'ex segretario ha affidato il proprio sfogo a internet. "Mi dimetto da segretario come è giusto fare dopo una sconfitta - ha scritto nella sua enews a un ragazzo, malato di Sla - ma non molliamo, non lasceremo mai il futuro agli altri". Sono lontani i roboanti slogan del dopo europee 2014 quando il Pd aveva sfiorato il 41%. Alle ultime politiche è sprofondato ben sotto il 20%, lontano persino dallo sfacelo compiuto da Pier Luigi Bersani alle elezioni del 2013 quando era convinto di avere la vittoria in tasca. Alla direzione piddì affida appena due righe di commiato. E promette di spiegare le sue ragioni alla prossima assemblea. Quello che lascia, però, è un partito con le ossa rotte: i numeri sono al minimo storico, le diverse correnti sono quantomai ai ferri corti e all'orizzonte tira una brutta aria. E, se da una parte Andrea Orlando si dice pronto a "sciogliere" la propria corrente, dall'altra si chiede se tutte le aree sono disposte a fare un passo indietro.

Di fronte alle dimissioni Orfini si aggrappa allo statuto, nel tentativo di non far naufragare definitivamente la barca. Da qui a un mese, tempo stabilito per convocare l'assemblea generale, la gestione politica del partito viene così affidata a Martina. Spetterà a lui contenere le spinte della minoranza che ha già fatto trapelare la volontà di azzerare totalmente la direzione. E di fronte al partito in frantumi, Martina si presenta invocando unità. Da parte sua assicura collegialità: "Lo farò con il pieno coinvolgimento di tutti, maggioranza e minoranze, individuando subito insieme un luogo di coordinamento condiviso". Poi, però, allontana subito il congresso e conferma in toto la linea dell'opposizione. "Ora il tempo della propaganda è finito - dice rivolgendosi in particolar modo a Lega e Cinque Stelle - i cittadini vi hanno votato per governare, ora fatelo. Cari Di Maio e Salvini prendetevi le vostre responsabilità". Niente mani nel governo, insomma. Almeno per il momento. Dovrà, tuttavia, accompagnare il Pd nell'ardua ricerca del suo sesto segretario in appena dieci anni di vita. Per eventuali primarie (che probabilmente non ci saranno) si è già fatto avanti Nicola Zingaretti ma i nomi che circolano sono vari.

Perché se tutti sono d'accordo con Martina sullo stare all'opposizione, quasi nessuno lo è nel modo in cui nominare il nuovo segretario.

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