Il più grande "fuoriondista" del giornalismo televisivo

Aveva il fiuto della notizia, conosceva il ritmo televisivo, aggiustava il nodo della cravatta per sistemare anche la scaletta delle notizie, si voltava a destra e a sinistra come un vigile urbano, dettava legge in redazione

Il più grande "fuoriondista" del giornalismo televisivo
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È stato il più grande fuoriondista del giornalismo. Chiedo scusa per il neologismo ma penso che renda l'idea di chi sia stato, al di là di molto e di tutto, Emilio Fede, siciliano di nascita e pirandelliano uno, nessuno, centomila, là dove l'ultima parola riguarda l'azzardo della vita e della passione per il gioco.

Leggo e si continua a scrivere, dire e raccontare di Fede come cortigiano, servile, untuoso del potere, Berlusconi ovviamente, dimenticando che prima dell'avvento dell'imprenditore poi politico eccetera, Fede apparteneva alla tribù dei giornalisti Rai quelli che raramente vengono individuati come cortigiani, servili, untuosi del governo di passaggio, basterebbe un techeteche sull'argomento per rendersi conto di come e quando certe notizie o veline venivano messe in circuito mica soltanto dall'Emilio, una su tutte l'annuncio della chiusura dei bordelli con la legge Merlin, non un solo sostantivo, aggettivo, verbo dedicato ai casini, case chiuse e affini, Ugo Zatterin, in imbarazzo totale, spiegò l'arcano.

Torno a Fede, astutissimo, andò a nozze con la figlia dell'amministratore delegato della Rai con la quale ha condiviso amore ed esistenza fino all'ultimo sospiro e respiro.

Il giovane siculo aveva stoffa, spavalderia e buona educazione, amava il buon cibo, acciuffava l'attenzione con l'ironia tipica della sua terra alternandola, l'ironia, con scatti d'ira, una colata imprevista di lava, che lasciavano stupefatti gli astanti, si sarebbero trattati in seguito di giornalisti, colleghi e dipendenti.

Aveva il fiuto della notizia, direi che era Vespa ante Brunum natum, conosceva il ritmo televisivo, aggiustava il nodo della cravatta per sistemare anche la scaletta delle notizie, si voltava a destra e a sinistra come un vigile urbano, dettava legge in redazione, frequentò redazioni e salotti, conosceva ogni dettaglio delle varie repubbliche che gli e ci passarono davanti, venne poi Berlusconi e qui cominciò l'avventura del signor Bonaventura, comunque sempre eccellente cronista e direttore ma sempre più coinvolto, travolto dall'editore che s'era fatto leader e poi primo ministro e presidente del Milan e qui avvenne il vero, grande fattaccio, l'abiura di Fede come tifoso storico della Juventus per passare alla corte rossonera del padre padrone. Potrei elencare vari colpi giornalistici, detti scoop, di cui lui godeva ai massimi ma la cronaca sua personale e privata elenca tutto il resto, dunque l'azzardo di cui sopra, al tavolo, ai giochi, con amici e conoscenti e illustri sconosciuti, giostra di cortigiani e cortigiane, la peggio gioventù, i politicanti cafoni, la grande bruttezza di Roma prima di tangentopoli e dopo le manette, l'idea di un Brosio davanti al tribunale, un circo mediatico che lui inventò e gli altri copiarono facendo finta di essere più bravi, più onesti, più indipendenti.

Il crepuscolo è stato terribile, nel fisico, nelle note quotidiane di una carriera e di una vita piena di cose ma infine ai margini, dalla luce piena al buio della vecchiaia malsana, l'esilio dalla casa televisiva, le cattivissime frequentazioni, sulla pelle il timbro berlusconiano, un codice per la condanna a prescindere.

Lui ci ha messo del suo, con abbondanza, senza mai un fiato di pentimento o di ammissione.

Ma tant'è, novantaquattro anni sono un secolo di Fede, ricordarlo da vivo fa un effetto singolare, le comari e le serpi se la spassano a narrare le sporcizie, quelle ci sono state, chi lo aveva conosciuto prima dell'impero e della successiva caduta, sa che Emilio Fede apparteneva alla razza di cronisti di cui si è persa l'idea.

Professionista anche della e nella vita, ha chiuso il suo giornale con il silenzio della morte, per la prima volta senza poterne annunciare la notizia.

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