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Quando i sindaci di sinistra invocavano sicurezza

Da Sala a Gori, Nardella e De Luca, quanti amministratori dem chiedevano aiuto ai prefetti

Quando i sindaci di sinistra invocavano sicurezza

Non accettano il decreto Sicurezza ma è in nome della sicurezza che, da amministratori, hanno disputato con i prefetti e minacciato di chiudere le loro porte. Prima di passare alla disobbedienza civile, teorizzata a Palermo da Leoluca Orlando, numerosi sono stati i sindaci e i governatori di sinistra che hanno sfidato lo Stato e parlato di città al collasso di fronte all'emergenza migranti.

Prima di raccogliere la protesta che viene dai sindaci per farne una formale richiesta di parere alla Consulta, era il governatore della Toscana Enrico Rossi, nel 2015, a spiegare ai suoi compagni di partito, troppe volte superficiali nell'affrontare questi temi, che «bisogna essere umani, ma si deve avere umanità anche nei confronti di chi accoglie. È una rappresentazione sbagliata pensare che l'immigrazione sia una camminata dolce come ha creduto molte volte la sinistra».

E non era Salvini, che si sa ha una precisa idea della patria, ma era ancora Rossi a dire che «l'identità minacciata è una cosa seria». Non c'è dubbio che in questi anni siano stati i sindaci e i governatori, loro che sentono la fatica dell'amministrare, ad aver preteso una svolta. A invocare un cambio di metodo, attraverso una lettera a La Repubblica, era stato nel 2016 il sindaco di Milano, Beppe Sala, non a caso prudente nell'assecondare la disobbedienza. Scriveva Sala: «L'accoglienza non continui a pesare come un macigno sempre più pesante sulle spalle della città» e aggiungeva che «il governo, soprattutto un governo di sinistra, deve provvedere a una nuova e efficace politica di integrazione, pianificata».

Era la stessa opinione del sindaco di Bergamo, Giorgio Gori, che riconosceva: «L'emergenza sta esplodendo». Ed era sempre il 2016 quando, in un momento difficilissimo per la propria città, il sindaco di Firenze, Dario Nardella, si era rivolto al prefetto chiedendo l'immediata (immediata!) sospensione degli arrivi: «La Toscana ha una presenza di richiedenti asilo del 12 per cento superiore alle quote dovute. Le chiedo di sollecitare il ministro affinché non invii ulteriori richiedenti asilo».

Tra i sindaci del Pd che hanno chiesto in maniera disperata aiuto al governo c'era anche Giuseppe Falcomatà che guida la città di Reggio Calabria, da sempre la più solidale ma anche la più stremata, al punto da costringerlo a dichiarare: «È dura andare avanti a questo ritmo. Noi, finora, non ci siamo mai tirati indietro. Reggio ha aperto le sue braccia ma oggi siamo arrivati al punto di non poterla più garantire l'accoglienza». Nessuno è riuscito tuttavia a superare il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che a settembre, in un intervento alla festa dell'Unità di Ravenna, ha avvertito: «Ci sono bande di nigeriani che hanno occupato militarmente i territori.

Quando parliamo di sicurezza, parliamo di gente che ha paura e io scelgo i miei figli, se devo decidere tra la serenità di vita della mia famiglia e una bandiera di partito».

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