Quant'è buono il Tg1 coi 5s: sulla Rai arriva TeleDiMaio

Il direttore Carboni, imposto dal Movimento, si è subito allineato ai suoi "editori": con Conte&C. tutto funziona

Quant'è buono il Tg1 coi 5s: sulla Rai arriva TeleDiMaio

«Il dialogo con l'Europa è sereno»; «il governo è coeso»; «la febbre sembra essersi abbassata»; «i toni sono ormai concilianti»; «a Di Maio non interessano i numerini, ma solo i cittadini».

Dopo aver guardato il Tg1 delle ore 20 per una settimana, la sensazione non è di trovarsi in un paese a un passo dal collasso economico ma di vivere in una nazione dal presente radiosissimo. Il merito è dell'infaticabile Luigi Di Maio (che apre in pratica quasi tutte le edizioni del telegiornale) e si deve all'alacre lavoro del premier Giuseppe Conte che impomatato assicura gli spettatori che «fra Di Maio e Salvini si troverà certamente un accordo». A dirigere il Tg1, che è sempre stato il telegiornale affidato al partito di maggioranza parlamentare, dal 31 ottobre è stato chiamato Giuseppe Carboni, ex cronista politico del Tg2 ma soprattutto l'inviato che ha seguito l'epica nuotata di Beppe Grillo sullo Stretto di Messina. Si dice che sia questa la ragione della sua promozione. A indicarlo alla direzione del primo tg della Rai è stato il M5s che da Carboni viene in pratica omaggiato ogni sera.

Il 26 novembre, quando l'Europa costringe l'Italia a rispettare gli accordi e rivedere i provvedimenti economici, l'informazione che passa al Tg1 è che l'Italia ha battuto l'Europa e che, come fa dire un giornalista Rai al governo, si tratta di «3 passi avanti e nessun indietro». Contro questa versione nulla può l'opposizione che al Tg1 è sempre ripresa in atteggiamento di affanno. Giorgia Meloni è inquadrata mentre scappa dall'assalto dei cronisti. Il povero Paolo Gentiloni viene intervistato in uno scenario notturno che provoca angoscia.

Il 27 novembre il telegiornale è aperto da Di Maio che mette in chiaro: «I saldi rimangono invariati. Non tradiremo i cittadini». È il giorno in cui si lascia intendere che le riforme (quota 100 e reddito di cittadinanza) non partiranno da gennaio ma bensì da marzo. Anziché sottolineare l'incongruenza delle promesse, al Tg1 si saluta la notizia come un successo. Sullo schermo appaiono dei grafici e in sottofondo una voce precisa che «i dati sono negativi ma non drammatici». Sono passati 7 minuti e 30 secondi dall'inizio del telegiornale e finalmente dovrebbe arrivare il momento dell'opposizione. Arriva, ma verrà liquidata in «soli» 96 secondi.

Eppure è il 28 novembre che al Tg1 va in onda l'ossimoro. Il mezzobusto Francesco Giorgino annuncia che l'Italia non firmerà il Global Compact, il documento Onu sulle migrazioni. Insomma, Salvini ha chiuso la porta. Ma quando parte il servizio, l'esordio è questo: «Confronto aperto sul Global Compact». Sono minuti di giornalismo spericolato dato che Conte, un attimo dopo, si proclama a favore del Global Compact salvo poi aggiungere che si tratta di un documento politico e che dunque spetterà al parlamento decidere. Di certo lui ha una cosa sola in testa: «L'obiettivo è puntare alla crescita». Solo Sergio Mattarella, con i suoi moniti, riesce a interrompere questi momenti lunghissimi di venerazione governativa (5 minuti e 20 secondi). Purtroppo è una speranza subito abortita. A comparire sullo schermo è il ministro Giovanni Tria. È costretto a intervenire in aula e rispondere alle domande sulla procedura di infrazione della Ue contro l'Italia. Le parole del ministro sono drammatiche: «Siamo di fronte a decisioni di forte responsabilità nazionale». In pratica, annuncia la pericolosa volontà del governo di sfidare e far saltare tutto, ma al Tg1 evidentemente sembra un chiaro esempio di collaborazione con la Ue visto che, dice il cronista, «dopo i segni di dialogo con la Ue lo spread è sceso».

Il 29 novembre, il clima è mutato al punto che Conte vola in Argentina dove riceve una laurea (questa sicuramente vera) e parla di «imperativi universali che il suo governo si è prefisso». Dopo giorni in cui sui giornali se ne scrive senza sosta, anche al Tg1 si fa menzione dei guai del padre di Di Maio di cui gli spettatori non possono sapere nulla: nessun servizio del Tg1 ha mai osato raccontare né i pagamenti in nero di Antonio Di Maio, né i traffici della sua azienda. E però Conte, fa sapere il giornalista Rai, non può fare altro che «lodare il comportamento di Di Maio. Il vicepremier sta fornendo tutti i chiarimenti necessari». Anche in questo caso all'opposizione viene data la parola, ma bisogna essere velocisti. In settanta secondi passano nell'ordine Pd, Forza Italia e Leu. Solo dopo arriva, finalmente, un servizio sui campi della famiglia Di Maio. L'inviato Rai parla sommariamente del caso, ma tiene a rivelare agli spettatori qualcosa che ha dell'eccezionale, ovvero che «le verifiche dei vigili urbani hanno infastidito i residenti» e che la zia di Di Maio ha scritto parole importanti su Facebook per stigmatizzare i giornali e proteggere il nipote: «Nemmeno per il più incallito camorrista si è mai fatto questo! Mai si è visto girare un drone sopra le case». Manca poco, ma l'idea suggerita è che a Mariglianella sia in atto un linciaggio contro Di Maio. Meglio passare alla crisi ucraina e risintonizzarsi il giorno successivo.

Il 30 novembre, al Tg1, Conte rilancia: «Faremo aumentare il Pil. Il clima è proficuo, costruttivo» e Moscovici, l'uomo che aveva detto che gli italiani si comportano come «venditori di tappeti», al Tg1 si muta in un mitissimo sparring partner di Conte: «Non drammatizziamo» dice il commissario Ue per gli Affari economici rivolto al giornalista del Tg1. Sono trascorsi 6 minuti e 52 secondi. È il momento dell'opposizione. Anche in questo caso il tempo è brevissimo. Un lampo: 83 secondi.

Il giorno seguente un abilissimo Conte si esibisce al Tg1 in alcuni palleggi e il cronista non può non far sapere che «il premier non ha resistito al fascino del pallone». E infatti al Tg1 va in scena il passaggio perfetto. Da Conte si passa a Di Maio.

Il l° dicembre, il vicepremier, in visita a Treviso, divulga al paese intero, e al giornalista Rai, che se il Pil ristagna c'è una ragione: «La colpa è del Pd che ha fatto in passato una manovra insipida». Non si sa se per rafforzare l'intesa di governo ma dal Pil il cronista del Tg1 cambia radicalmente argomento e tiene a far sapere che Di Maio è a favore dell'autonomia del Veneto: «Di Maio dice che si deve fare il prima possibile». Tutti attenderebbero la risposta del Pd o di Fi, perfino il conduttore Giorgino che annuncia le critiche delle opposizioni. Peccato che il servizio successivo si apra con Salvini che conferma: «Autonomia al via. A dicembre esamineremo». Solo dopo c'è spazio per le opposizioni.

Il 2 dicembre, dopo sette giorni, anche i più scettici, nel guardare il Tg1, si sono oramai convinti che «Conte è il garante ideale del contratto» e che con «la Ue il dialogo è franco» così come che «i tecnici sono al lavoro per trovare un accordo».

La verità è che siamo in lotta con l'Europa, sotto attacco dei mercati finanziari, a un passo dal far saltare il sistema pensionistico e invece l'unica notizia drammatica e sicuramente vera trovata al Tg1, in una settimana, finisce per essere nient'altro che questa: «A Torino, migliaia di disoccupati si sono presentati per fare gli aspiranti Babbo Natale».

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