La rabbia della premier sull'emergenza sbarchi: l'Europa ha tradito gli impegni con la Tunisia

Giorgia Meloni è infuriata. Gli aiuti promessi a Tunisi da Italia ed Europa non sono mai stati stanziati e Bruxelles non ha fin qui mosso un dito

La rabbia della premier sull'emergenza sbarchi: l'Europa ha tradito gli impegni con la Tunisia
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Giorgia Meloni è infuriata. Gli aiuti promessi a Tunisi da Italia ed Europa non sono mai stati stanziati e Bruxelles non ha fin qui mosso un dito. Tuttavia la direzione è quella giusta e nonostante gli sbarchi siano come ammette la premier «in forte aumento» (113mila a ieri) bisogna continuare sulla strada degli «accordi con i Paesi del Nord Africa, di partenza e transito dei flussi». Ma bisogna anche - aggiunge - «stringere le maglie, dare segnali chiari ai trafficanti» e garantire «un coordinamento maggiore tra noi nell'attività di contrasto ai flussi illegali di migranti». L'ultima frase è un segnale a molti ministri accusati - riferiscono voci di Palazzo Chigi - di non coordinare il proprio operato contribuendo così all'involuzione del già delicato settore immigrazione. Anche per questo la Meloni dopo Consiglio dei Ministri ha convocato Cisr, il Comitato interministeriale per la sicurezza della Repubblica formato dai principali ministri e dai responsabili dell'intelligence. Al centro dell'incontro la delicata questione Tunisia dove nulla procede come previsto. Numeri e fatti lo dicono chiaramente. Ieri l'intelligence segnalava il recupero di una cinquantina di motori sequestrati dalla Guardia Nazionale Marittima di Tunisi ai trafficanti di uomini. Intanto però il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi se la vedeva con gli arrivi di ben 63 barchini partiti dal Nord Africa e con la cifra record di oltre 3mila sbarchi in 24 ore. Una situazione da incubo che oltre alle proteste strumentali dei sindaci Pd, improvvisamente sensibili all'impatto dei migranti sul territorio, deve tener conto del disagio di alcuni primi cittadini non proprio di sinistra. Primo fra tutti Matteo Dipiazza, il sindaco di Trieste che - complice il moltiplicarsi degli arrivi dalla rotta balcanica - si è ritrovato con 500 disperati accampati nelle strade e ha dovuto implorare l'intervento del Viminale per vederne trasferiti 200.

La situazione più ingestibile resta, però, quella tunisina. Per capire perchè nonostante l'impegno della Meloni, di Piantedosi e del ministro degli esteri Antonio Tajani - tutti reduci da Tunisi - la situazione resti ingestibile basta seguire i soldi. I 105 milioni di euro promessi dalla Ue e sottoscritti dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen - sbarcata a Tunisi il 16 giugno con Giorgia Meloni e il premier olandese Mark Rutte - non sono mai arrivati a destinazione. Ma tra i fondi mai stanziati ci sono anche i 100 milioni destinati garantiti dal nostro Ministero degli Esteri. Le conseguenze a catena di questi ritardi sono devastanti. «Le casse del presidente Kais Saied sono vuote e quindi in mancanza dei fondi promessi Tunisi ritarda i pagamenti degli stipendi alle Forze di sicurezza. Tutto ciò - spiegano a Il Giornale le fonti di Palazzo Chigi - provoca forti pressioni interne che hanno come naturale conseguenza la riduzione degli impegni assunti per bloccare le partenze». Questo complica ovviamente anche l'operato della nostra intelligence che rischia di perdere credibilità nei confronti degli interlocutori tunisini. Ancor più gravi sono le conseguenze dell'inazione europea. Gli impegni assunti da von der Leyen erano garantiti dalla presenza di Giorgia Meloni. Il loro mancato rispetto rischia di rendere poco credibile il nostro paese e ridimensionare la disponibilità alla collaborazione di una personaggio problematico e suscettibile come Kais Saied. Anche perchè il mancato rispetto degli impegni europei rischia di rendere sempre più improbabile il via libera al prestito da un miliardo e 900 milioni di dollari del Fondo Monetario Internazionale. Un prestito da cui dipende il salvataggio economico del paese. «É inutile - aggiunge la fonte de Il Giornale - pretendere da Kais Saied riforme e azioni concrete se non gli si danno i soldi per realizzarle». Considerazioni amare, ma reali che contribuiscono ad alimentare l'ira di una Meloni consapevole di come tutto ciò allontani l'unico sviluppo capace di bloccare le partenze.

In assenza di fondi e garanzie sarà inutile, infatti, confidare in una richiesta sottoscritta dallo stesso Kais Saied che permetta ad Italia ed Europa di operare direttamente sulle coste tunisine bloccando alla fonte il traffico di uomini.

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