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La Rai di "destra" conferma Report e la Berlinguer. E adesso si apre la partita dei Tg

"Che tempo che faceva", scherza Fiorello. Ma per un Fazio che se ne va, ecco che restano Ranucci, Berlinguer, Annunziata

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«Che tempo che faceva», scherza Fiorello. Ma per un Fazio che se ne va, ecco che restano Ranucci, Berlinguer, Annunziata. Che non sono certamente di provata fede destrorsa. Anzi sono quelli di cui si lamentano da anni i politici che oggi decidono le sorti della Rai. Ieri il primo atto del nuovo amministratore delegato Roberto Sergio, nominato ufficialmente dal cda, è stato quello di confermare i programmi che erano stati messi nelle fantomatiche «liste di proscrizione» accompagnate alle polemiche sull'occupazione militare della Rai. Certo, non c'è dubbio che da qui ai prossimi mesi vedremo una svolta nei palinsesti, con l'obiettivo - per esempio - di rendere Raitre una rete tutta dedita all'approfondimento e alla cultura, aperta a una visione conservatrice oltre che a quella tradizionale di sinistra. Senza Fabio Fazio alla domenica, che aveva un contratto in scadenza e nessuno ha voluto adoperarsi per trattenerlo. E, ieri, il presentatore sul sito del settimanale Oggi si è sfogato: «La politica tutta si sente legittimata a comportarsi da proprietaria nei confronti della cosa pubblica con una straboccante ingordigia».

Dunque, a settembre, torneranno in onda Chi l'ha visto, Mezz'ora in più e Cartabianca, mentre dal 23 ottobre Report. Insieme ad altri programmi di cui bisognava cominciare la preparazione (per esempio I fatti vostri e Tv talk e Che ci faccio qui).

Comunque la strada dei nuovi amministratori sarà tutta in salita. Ieri in cda c'è voluto il doppio voto (in caso di parità la presidente vale due) di Marinella Soldi per approvare il nuovo ad Sergio. Non hanno votato a favore i consiglieri che rappresentano le attuali opposizioni: contraria Francesca Bria, in quota Pd, mentre Alessandro Di Majo, M5s, e il consigliere Riccardo Laganà, eletto dai dipendenti, si sono astenuti, che vale come no. A favore Simona Agnesi, Forza Italia, e Igor De Biasio, Lega.

I primi manager che Sergio ha chiamato accanto a sé sono Giampaolo Rossi a cui ha affidato il ruolo di direttore generale corporate e Paola Marchesini, braccio destro del nuovo ad nella radiofonia (è l'attuale direttrice di Radio 2) quale direttore dello staff amministratore delegato. Rossi, grande esperto dei media, molto vicino a Giorgia Meloni, lasciato fuori da questo cda nell'ultima tornata, è già in predicato di prendere il ruolo di ad nella futura governance tra un anno. Sergio al cda ha detto che procederà velocemente a mettere a punto i prossimi palinsesti, il piano industriale, il piano di sostenibilità, la transizione al digitale e avvierà un dialogo con i sindacati che il 26 maggio hanno indetto uno sciopero.

Intanto il prossimo passo (nel cda del 25 maggio) è quello di rifare l'intero organigramma chiamato a ridisegnare l'offerta dell'azienda in chiave «pluralista». C'è un foglietto che circola tra i politici che recita: Gian Marco Chiocci, attuale direttore Adnkronos approderà al Tg1, Monica Maggioni passerà al Coordinamento Editoriale offerta informativa, Antonio Preziosi prenderà il posto di Nicola Rao, spostato nel ruolo di direttore della comunicazione, Mario Orfeo sarà confermato al Tg3, mentre Francesco Pionati andrà a dirigere i GR e il canale di Rai Radio 1 al posto di Andrea Vianello. Stefano Coletta sarà sostituito da Marcello Ciannamea al vertice dell'Intrattenimento Prime Time.

Mentre al Day Time e agli Approfondimenti saranno promossi gli attuali vice Angelo Mellone e Paolo Corsini, che sostituiranno Simona Sala destinata a Radio 2 e Antonio Di Bella in pensione.

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