Referendum e disinformazione. L'eminenza grigia Kiriyenko, uomo dello Zar per il summit

Ex premier con Eltsin, il 63enne ha gestito gli aspetti del conflitto. Propaganda inclusa

Referendum e disinformazione. L'eminenza grigia Kiriyenko, uomo dello Zar per il summit
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Sotto certi punti di vista Sergey Kiriyenko sembra il protagonista della pellicola Zelig, uno dei capolavori di Woody Allen. È la storia di uomo affetto da una particolare forma di camaleontismo identitario, capace di assumere le caratteristiche fisiche e comportamentali di chi gli sta intorno. Lo spirito di adattamento e di conformismo hanno fatto negli anni di Kiriyenko uno dei più preziosi collaboratori di Putin. La sua è una mente di quelle che vengono definite "raffinate", ma l'anima è letteralmente soggiogata dal suo datore di lavoro, plasmata a immagine e somiglianza dello Zar di Mosca.

Il nome di Sergey Kiriyenko, 63 anni, ricorre di frequente nei rapporti scambiati tra le agenzie di intelligence occidentali. È noto per essere stato il più giovane premier della Federazione Russa, incarico che ricoprì nel 1998 durante la presidenza Eltsin. Dopo aver guidato per oltre un decennio (2005-2016) la compagnia statale per l'energia nucleare Rosatom, dal 2016 è primo vicecapo dell'amministrazione presidenziale russa. Per Moscow Times è la vera eminenza grigia del Cremlino. Dall'inizio dell'Operazione speciale, il quotidiano anti-Putin Meduza l'ha soprannominato il "viceré del Donbass" per il suo ruolo nella gestione dei territori occupati. Gli Stati Uniti lo hanno inserito nella lista delle sanzioni già nel 2022, assieme al figlio Vladimir, che controlla attraverso il marchio Wink buona parte del mondo dell'informazione della Russia.

Documenti del Cremlino, ottenuti attraverso fonti d'intelligence, mostrano che Kiriyenko sarebbe responsabile di operazioni di manipolazione dell'informazione volte a fomentare divisioni in Francia. Un'azione simile sarebbe stata condotta in Germania con l'obiettivo di unire frange dell'estrema destra e dell'estrema sinistra contro il sostegno a Kiev. L'obiettivo di queste manovre sotto traccia è univoco: erodere l'appoggio all'Ucraina e incrinare la coesione interna della Nato, spesso attribuendo all'Occidente la responsabilità del conflitto.

È considerato il regista delle campagne di disinformazione russe in Ucraina e in diversi Paesi europei, inclusa l'operazione "Doppelganger", smascherata dal governo francese, che clonava siti di testate giornalistiche per diffondere contenuti propagandistici. In questo contesto emerse anche il nome di Maria Zakharova, la portavoce del ministero degli Esteri, a questo punto forse più fedele a Kiriyenko che al plenipotenziario Lavrov.

E pensare che tempo fa era noto come un riformatore di orientamento occidentale, ma negli anni è divenuto il tecnocrate che trasforma le idee dello Zar di Mosca in azione e una delle figure chiave che ha permesso di rafforzare la presa del leader del Cremlino sulla Russia dopo l'invasione dell'Ucraina. Ha gestito negli ultimi tre anni tutti gli aspetti politici del conflitto, soffocando l'opposizione interna, estendendo il controllo del Cremlino su internet, introducendo la narrativa di Putin nelle scuole e modellando la propaganda nell'Ucraina occupata. Kiriyenko ha anche pianificato i referendum (mai riconosciuti a livello internazionale) per l'indipendenza del Donbass e sull'autodeterminazione della Crimea che portarono all'ampliamento del territorio nazionale della Federazione, ma che poco alla volta hanno trasformato i confini ucraini in una polveriera, fino all'invasione del febbraio 2022.

Di sicuro accompagnerà Putin in Alaska per il vertice con Trump, dove con ogni

probabilità metterà sul tavolo la "soluzione finlandese" (riconoscimento di Donbass e Crimea in cambio della fine del conflitto), che piace al leader russo così come al tycoon, ma che agita le notti di Zelensky e di Bruxelles.

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