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"Referendum e riforme, vi dico cosa succede alla giustizia"

Referendum, riforme e rinnovato approccio garantista: l'Italia può svoltare sulla giustizia. Ma il professor Fiandaca mette al riparo da facili entusiasmi

"Referendum e riforme, vi dico cosa succede alla giustizia"

Il professor Giovanni Fiandaca è un gigante del diritto penale. Giurista di fama internazionale e professore di Diritto penale, l'accademico palermitano affronta, con questa intervista, buona parte dei temi di stretta attualità in materia di giustizia.

Dall'estensione dei "nuovi diritti", con l'affossamento del Ddl Zan (per quanto oggi si inizi a parlare di un Ddl Zan "mascherato"), passando dal referendum sulla Giustizia promosso da Lega e Radicali e dalle riforme volute dal governo presieduto da Mario Draghi e dal ministro Marta Cartabia. Giudizi complessivamente positivi su referendum e riforma Cartabia, mentre qualche dubbio permane sul "vento garantista". L'autore di "La mafia non ha vinto. Il labirinto della trattativa", che è edito da Laterza, non dà per scontato un destino maggioritario del garantismo.

Professore, il referendum sulla Giustizia si farà. Una grande occasione per la nostra evoluzione giuridica?

"I quesiti referendari non sono tutti formulati con la chiarezza e perizia tecnica necessarie a renderli senz'altro ammissibili. In ogni caso, tenderei ad escludere che un loro eventuale successo possa essere di per sé risolutivo delle patologie del sistema giudiziario che vorrebbero curare. Comunque, valuto positivamente questa iniziativa referendaria, nella misura in cui può mettere in evidenza orientamenti e preferenze della pubblica opinione utili alle decisioni politiche in materia di Giustizia".

Sembra spirare un vento garantista. Conviene? Se sì, perché?

"Non ne sarei sicuro. Io distinguerei tra l'attuale versante politico-governativo, riferendomi in particolare agli orientamenti della ministra Marta Cartabia che definirei di tipo umanistico-garantistico, e gli atteggiamenti ancora di segno iper-repressivo che persistono in larghi settori della nostra società".

La riforma Cartabia è cosa fatta o quasi. Si ritiene soddisfatto? Sembra sia il punto di partenza che si attendeva da anni...

"La riforma Cartabia presenta molte luci ed alcune ombre, ma nel complesso il mio giudizio è positivo, perché segna una svolta rispetto alla rozza ed irrazionale politica penale- populista dei due governi precedenti".

Lei ha smontato una certa narrativa sul processo Stato-mafia. Eppure, vedasi le dichiarazioni del giudice Di Matteo, c'è qualcuno che non sembra mollare la presa...

"É psicologicamente comprensibile che i pubblici ministeri che hanno gestito il processo-trattativa rimangano, per così dire, prigionieri del loro ruolo. Ma dovrebbero prendere atto, con maggiore correttezza giuridico-istituzionale di poter avere sostenuto tesi accusatorie prive in realtà di sufficiente fondamento".

Ultima questione. Lei si è da poco soffermato sul tema del Ddl Zan. Anche quella, in chiave metaforica, è una questione di "giustizia". Di sicuro è materia di diritto. Ma è mancato il dialogo...

"Non sono nettamente contratrio al Ddl Zan. Anche se, in linea di principio, non mi entusiasma, in generale, la prospettiva di promuovere la tutela di nuovi diritti con il ricorso alla legge penale. Quanto al merito, il testo del Ddl Zan è ideologicamente troppo connotato e tecnicamente formulato in modo sovrabbondante e confuso. Per cui occorreva davvero una mediazione politica per migliorarlo che purtroppo non è stata seriamente neppure tentata, sicché non mi sorprende che, almeno per il momento, si sia andati incontro ad una sconfitta o bocciatura.

Occorre, in realtà, riscriverla".

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