Salta la tregua di Witkoff. "Colpa di Hamas egoista"

L'inviato Usa in Sardegna per trovare l'intesa. Gli islamisti alzano la posta: richieste inaccettabili

Salta la tregua di Witkoff. "Colpa di Hamas egoista"
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Negoziato kaputt e al posto della tregua si rischia una guerra ancora più dura a Gaza. L'inviato della Casa Bianca, Steve Witkoff, dalla Sardegna, ha annunciato la pietra tombale sulle trattative scaricando la colpa sugli stragisti del 7 ottobre. "È una vergogna che Hamas agisca in modo egoistico" ha scritto Witkoff ieri sera su X. Gli Stati Uniti, come Israele, "hanno deciso di riportare a casa da Doha il nostro team dopo l'ultima risposta di Hamas, che chiaramente mostra la mancanza di desiderio di raggiungere un cessate il fuoco". I mediatori del Qatar ed egiziani "hanno fatto grandi sforzi - continua l'inviato speciale di Donald Trump - (ma) Hamas non sembra coordinarsi o agire in buona fede". E per ribadire il cambio di passo annuncia che "ora considereremo opzioni alternative per portare a casa gli ostaggi e cercare di creare un ambiente più stabile per il popolo di Gaza". In pratica guerra a oltranza per sradicare Hamas, forse con l'appoggio americano. L'unica, flebile speranza è che sia una mossa estrema per piegare il gruppo a un accordo accettabile per tutti.

Nella notte fra mercoledì e giovedì la delegazione all'estero del movimento islamico aveva presentato una proposta, che a prima vista sembrava "praticabile", ma aumentava a 2200 la richiesta dei prigionieri palestinesi da liberare in cambio di 10 ostaggi. E soprattutto inseriva una clausola per impedire la ripresa della guerra dopo la tregua. Il primo ministro Benjamin Netanyahu ha richiamato la delegazione israeliana a Doha per consultazioni urgenti. E ieri sera ha dichiarato: "Se Hamas interpreta la nostra disponibilità a raggiungere un accordo come una debolezza, un'opportunità per imporci condizioni di resa che metterebbero in pericolo Israele, commette un grave errore".

La nuova proposta di Hamas era stata almeno accettata dai mediatori, dopo avere respinto come "poco seria" quella precedente di martedì, che favoleggiava di una tregua di sette anni alla fine del rilascio di tutti gli ostaggi. Così Hamas, dopo aver scatenato il 7 ottobre, ricostruirebbe tutto il sistema armato e di potere a Gaza.

Sulla consegna degli ostaggi i terroristi hanno indicato tempi e modi in maniera chiara, ma sono cambiati i numeri - e non di poco - dei prigionieri palestinesi da liberare. Israele aveva accettato di rilasciare 125 condannati all'ergastolo e 1200 palestinesi arrestati dopo il 7 ottobre a Gaza. Hamas adesso vuole 200 ergastolani e altri 2mila prigionieri secondo le informazioni fatte trapelare al sito d'informazione Axios. I nodi sono rimasti al pettine sul ritiro delle truppe israeliane dalla Striscia oltre alla distribuzione di viveri e aiuti umanitari. Hamas insiste che deve tornare nelle mani delle agenzie dell'Onu, che hanno sempre chiuso un occhio sul controllo degli aiuti da parte del movimento islamista. Israele vorrebbe il coinvolgimento della criticata Gaza Humanitarian Foundation. Per di più è spuntata una clausola, ancora segreta, che non permetterebbe ad Israele di riprendere le ostilità se non si trovasse un accordo sulla tregua permanete nei 60 giorni di cessate il fuoco. In pratica la fine della guerra, ma con Hamas ancora annidato a Gaza, una linea rossa per Israele, che ha convinto anche gli Stati Uniti a uscire dalle trattative.

L'inviato di Trump è arrivato ieri mattina a Olbia e dovrebbe soggiornare fino a domenica in uno degli hotel di lusso in Costa Smeralda di proprietà del fondo sovrano del paese arabo. Gli incontri con funzionari del Qatar si sarebbero tenuti a bordo di uno dei mega yacht ormeggiato davanti alla costa della Gallura del padre padrone di Doha, Mohammed bin Abdulrahman Al-Thani. L'emiro, però, non è presente e pure il ministro degli Affari strategici israeliano non è andato in Sardegna.

Prima di cena, Witkoff ha annunciato che i negoziati sono falliti facendo capire che resta solo il pugno di ferro militare. Preoccupati per la situazione militare e umanitaria nella Striscia, il primo ministro britannico Keir Starmer ha annunciato una telefonata d'urgenza con Francia e Germania.

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