Europa

Sbarchi, prove di intesa tra i tre ministri dell'Interno

Al vertice di Piantedosi, Darmanin e Faeser, "solidarietà" a Roma ma anche un piano per un vero impegno dell'Ue

Sbarchi, prove di intesa tra i tre ministri dell'Interno

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Si punta a non lasciare più i disperati in partenza dall'Africa in ostaggio degli scafisti, ma soprattutto a superare gradualmente il gioco al rimbalzo dei migranti una volta arrivati in Europa. Dopo i cortocircuiti registrati nell'ultima settimana, tra Roma, Parigi e Berlino, primi tasselli d'intesa. Sugli arrivi e su come gestirli. La sintesi della videoconferenza a tre, che si è tenuta ieri pomeriggio fra i ministri dell'Interno di Italia, Francia e Germania (Piantedosi, Darmanin, Faeser) ha provato a superare le divergenze - o gli equivoci - registrati in settimana, con la Germania che aveva voluto dare «un segnale» a Roma contro la violazione del patto di Dublino.

Ancora poche intese, ieri. E cautela franco-tedesca anche sull'ipotesi di navi militari europee nel Mediterraneo per bloccare le partenze nell'ambito della difesa dei confini esterni, messa nero su bianco (ma senza seguito) in Consiglio europeo. La trama che il governo italiano sta tessendo sul piano europeo si incrocia infatti con i calcoli politici delle cancellerie «interessate» dalla crisi migratoria riversata sulle coste di Lampedusa. Dopo i segnali di chiusura sull'accoglienza dei migranti, Francia e Germania sembravano aver parzialmente cambiato registro. Ieri è stata invece confermata da Berlino la volontà di non accettare, almeno per ora, arrivi dall'Italia attraverso il meccanismo di solidarietà volontaria. Perché «è il momento della solidarietà con l'Italia, ma anche della mobilitazione Ue», secondo la premier d'Oltralpe Borne.

Si va però a intermittenza. La chiamata a non esser lasciati soli che il presidente francese aveva rivolto due giorni fa ai partner Ue non ha attecchito ancora a Berlino. Il portavoce del ministero dell'Interno tedesco ha precisato che sarà accolto solo chi ha completato la procedura di identificazione. Tocca dunque a Roma muoversi. E con tirata d'orecchie: perché talvolta sfugge un migrante irregolare che si dirige poi Oltralpe o in Germania. Berlino gioca insomma al rimpiattino, pur chiarendo che i colloqui «potrebbero riprendere in qualsiasi momento».

L'Italia deve intanto sottoporre (da sola) ogni migrante a verifiche, accoglienza e cure; occuparsi della costosa prassi burocratica che richiede spazi, interpreti e mezzi per chi vuol far domanda d'asilo o appellarsi ad altre forme di protezione. Se non ce la fa, i partner Ue possono rispedire gli irregolari nel Paese d'approdo. E, se non si accettano, niente solidarietà per i richiedenti asilo.

All'atto pratico, riecco quindi le incoerenze: le promesse non si trasformano in fatti. E anzi la crisi viene usata, dai socialisti tedeschi e dai «centristi» francesi, per evitare di cedere argomenti di propaganda alle rispettive estreme destre, del'Afd e del Rassemblement national, che lanciano appelli a Macron e Scholz a non prendere neanche un migrante dall'Italia.

Difficile ignorare le ricadute politiche di ogni sortita che riguarda l'immigrazione. Macron dice a chiare lettere che «tutta l'Ue deve essere insieme accanto all'Italia» - apparentemente con mano tesa a Roma - ma non risparmia stoccate su «approcci nazionalisti che hanno i loro limiti». Lampedusa è «suolo europeo», spiega il presidente francese. Ma la risposta, anche da Parigi, è stata ancora una volta la blindatura dei confini. E cosa ne è del «dovere di solidarietà europea» a cui aveva fatto cenno, Macron? Ascolto, spiragli di collaborazione con Palazzo Chigi, poco altro. Ieri il ministro dell'Interno Darmanin ha infatti ordinato di rafforzare i controlli a Mentone, estendendo l'area per intercettare i «clandestini» e rispedirli su suolo italiano.

Ma ha fatto pure sapere che, come gesto distensivo, sarà in Italia ne prossimi giorni.

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