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"Si fa come c... dico io". Così il generale paralizzò i russi in Italia

Proseguono le ipotesi sulla missione russa in Italia. Da un lato viene garantito che l'operazione fu svolta in sicurezza, dall'altro ci sono fonti che alimentano i sospetti

"Si fa come c... dico io". Così il generale paralizzò i russi in Italia

Si torna a parlare della missione russa in Italia, avvenuta lo scorso marzo 2020, quando il nostro Paese stava cercando da solo di affronatare i primi effetti della diffusione del Sars-Cov-2. Viene ancora esaminato il ruolo ricoperto dai russi entro i nostri confini nazionali e, secondo quanto riportato da Il Corriere, alcune fonti della Difesa e dell'Intelligence italiana ribadirebbero il fatto che all'epoca fu evitato un tentativo di spionaggio.

In particolare, stando sempre alle fonti citate dal Corriere, gli obiettivi sarebbero stati le basi dell’aeronautica militare di Ghedi in Lombardia e di Amendola in Puglia. Da qui la decisione del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica di proseguire con le indagini.

Interpellato più volte sull'argomento, anche solo per il fatto di essere stato lui, in quanto premier, a prendere accordi con il presidente Vladimir Putin all'epoca, Giuseppe Conte ha respinto ogni insinuazione o dubbio sulla questione, ribadendo anche al Corriere che "i direttori delle Agenzie di intelligence Aise e Aisi hanno assicurato che non c’è mai stata attività impropria" da parte dei russi. La stessa tesi è stata riportata anche dinanzi al Copasir. E allora perché oggi si parla addirittura di spionaggio?

Ad alimentare i sospetti è stato Enrico Borghi, membro della segreteria del Partito Democratico, che all’Eco dell’Ossola ha dichiarato:"È per l’impegno della nostra sicurezza se quella missione ha avuto un esito non problematico. Dire che non ci sono stati problemi, infatti, non significa che non ce ne sarebbero potuti essere. E se non ce ne sono stati è perché c’è stato chi li ha evitati". Anche il New Yorker fa delle insinuazioni, andando ad affermare che i russi sarebbero riusciti a mettere a punto il vaccino Sputnik grazie alla loro spedizione in Italia.

Di certo sappiamo che ai russi arrivati nel nostro Paese fu assegnata una scorta di militari italiani, come disposto dal generale Luciano Portolano, a quel tempo alla guida del Comando Operativo Interforze. Il Corriere parla di uno scontro fra lui ed il generale Sergej Kikot, capo della delegazione russa. Stando a certe ricostruzioni, Kikot avrebbe voluto muoversi su tutto il territorio italiano in base a un "accordo politico di altissimo livello", ma il generale Portolano si oppose. "Qui siamo in Italia e si fa come (bip) dico io", sarebbe stata la sua risposta. Ai russi, dunque, fu imposto di stare "ad almeno cinquanta chilometri dai siti sensibili".

Le fonti citate dal Corriere, infine, riportano che il generale Portolano aveva paventato i rischi di un'operazione definita come "ibrida". Fra i sospetti, il fatto che i russi avessero proposto di sanificare un’area del bresciano nei pressi di Ghedi, dove si trova la base dell’aeronautica militare italiana in cui opera il 61.mo Stormo. Ai russi fu impedito di procedere, mentre la Difesa italiana cominciava a manifestare un certo nervosismo.

Poi fu la volta della Puglia, dove la delegazione russa chiese di svolgere un'operazione di sanificazione. Nella Regione si trova Amendola, il maggior aeroporto militare italiano in cui opera il 32.mo stormo. Fu allora che, stando a certe ricostruzioni, Lorenzo Guerini, rappresentante Pd e ministro della Difesa, decise di far tornare a casa i russi.

Guerini non ha mai fatto mistero delle proprie idee relative alla missione russa in Italia, fin dall'inizio decise di intervenire, facendo ridurre le unità dalle 400 iniziali a 104.

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