Si scrive Roma, si legge Italia

Si scrive Roma, si legge Italia

Ci sono volte in cui un'espressione vale più di mille retroscena e diventa cronaca impietosa di quel che accade. Così, quando a sera Giorgia Meloni e Matteo Salvini mandano a dire a Silvio Berlusconi che per lui «le porte sono sempre aperte», è chiaro a tutti che la partita su Roma rischia seriamente di assumere contorni imprevedibili e di tracimare ben oltre la sfida per il Campidoglio. La vicenda è nota e le ambasciate delle ultime ore non sono riuscite a risolvere il tira e molla tra la candidatura a sindaco di Guido Bertolaso e quella della leader di Fratelli d'Italia. Anzi, se possibile l'ufficio di presidenza di Forza Italia di ieri mattina ha acceso ancor di più gli animi, con il partito azzurro diviso tra chi vorrebbe convergere sulla Meloni in nome dell'unità del centrodestra e chi, invece, sostiene l'ex capo della Protezione civile, sul quale - prima che Salvini ci ripensasse - c'era l'accordo iniziale di tutti i leader.

Il livello della tensione, insomma, è ormai oltre il limite di sicurezza. E il caso Roma inizia ad avere le carte in regola per trasformarsi nella miccia di una vera e propria implosione del centrodestra. Se davvero dovesse presentarsi diviso su due candidati nella corsa per la capitale, infatti, il clima non potrebbe che essere quello del liberi tutti. Negli altri capoluoghi al voto, insomma, ognuno andrebbe per la sua strada, da Torino a Bologna - dove ad oggi l'intesa ancora non c'era - fino a Napoli, dove si stava invece cercando di convergere su un nome unitario. Dei comuni di peso si salverebbe solo Milano, perché quel dossier è ormai chiuso da tempo e il buonsenso dice che è da scellerati fare harakiri quando Stefano Parisi ha ottime chances di successo. Mentre nei centri minori gli accordi sarebbero affidati alla buona volontà dei singoli dirigenti locali.

Una rottura su Roma, insomma, potrebbe portarsi dietro strascichi imprevedibili. Non solo in vista delle prossime politiche, ma già ad ottobre, quando ci sarà da affrontare l'appuntamento con il referendum confermativo della riforma costituzionale. Una consultazione che è di fatto un referendum pro o contro Matteo Renzi.

A quella sfida il centrodestra si presenterebbe vittima dei postumi di una rottura che di certo brucerebbe ancora e molto. Tra Forza Italia e Lega, la prima vera rottura dalle regionali del 2000. Quelle che sedici anni fa sancirono il cosiddetto asse del Nord tra Berlusconi e Umberto Bossi.

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