"Tel Aviv vuole tornare alla Persia ante Khomeini. E senza bomba atomica"

Il generale Vincenzo Camporini: "L'obiettivo è possibile ma col rischio della ripresa del terrorismo"

"Tel Aviv vuole tornare alla Persia ante Khomeini. E senza bomba atomica"
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Il generale Vincenzo Camporini di guerre se ne intende. È entrato in aeronautica da ragazzino, nel 1965, e ha fatto carriera fino a diventare nel 2006 il capo dell'aeronautica italiana. Poi è stato anche capo di Stato maggiore della Difesa. Guarda con saggezza e sapienza alla nuova guerra che è scoppiata tra Israele e Iran.

Generale, qual è la reale forza militare dell'Iran?

«La forza militare dell'Iran è divisa in due. C'è l'esercito governativo e ci sono le milizie non governative. La forza aeronautica non è straordinaria, perché è parecchio antiquata, la manutenzione è scarsa, gli aerei risalgono a diversi anni fa. Ha invece una discreta capacità missilistica, più moderna, ma che non è in grado di superare le difese israeliane».

Cosa rischia Israele da un contrattacco?

«Israele è in grado di assestare colpi significativi all'Iran, senza ricevere colpi importanti. Rischia poco. Qualcosa forse dalle milizie. Ma non molto. Israele oggi come oggi è in una condizione di grosso vantaggio».

Perché Tel Aviv dice che l'attacco durerà 14 giorni?

«Bisognerebbe chiederlo a loro. È chiaro che Israele stavolta non vuole fare una semplice azione dimostrativa. Ora vuole compiere un'azione risolutiva. Per capire cosa vuol dire risolutiva bisogna riflettere sul nome che è stato dato a questa operazione. Rising Lion, cioè leone che risorge. E il leone è il vecchio impero persiano. L'idea di Israele è quella di ricostruire in Iran una situazione ante rivoluzione di Khomeini. Prima di Khomeini c'era un'alleanza fortissima tra Israele e l'impero persiano. Netanyahu punta a screditare l'attuale classe dirigente iraniana e ottenere un cambio di regime».

Come si comporteranno i paesi arabi?

«Da qualche decina di secoli i paesi arabi sono in contrapposizione con l'impero persiano. La lotta per il dominio regionale è uno dei motivi della instabilità in tutta quest'era, dove giocano parecchi attori, in particolare l'Iran, la Turchia e le monarchie del Golfo. Se viene neutralizzato uno di questi contendenti, per i paesi arabi è sicuramente una buona notizia».

Possibile radere al suolo l'Iran e imporre un cambio di regime?

«Radere al suolo no, ma rendere inagibili le strutture per la lavorazione dell'uranio non è così improbabile. Le strutture possono essere rese inutilizzabili se vengono eliminate tutte le fonti di alimentazione. Idrica, di energia. Così si eviterebbe il rischio che l'Iran si doti di una bomba nucleare».

Una sconfitta storica dell'Iran porterebbe la pace in Medioriente?

«Eliminerebbe uno dei contendenti. Poi ci sono tutte le altre conflittualità evidenti. Guardiamo alla Siria. È stato eliminato Assad con il risultato che adesso stanno riemergendo tutte le conflittualità interne che il dittatore riusciva a comprimere. Quindi con un quotidiano stillicidio di violenza. In più ora rivivono tutte le altre ambizioni, in particolare quelle turche ma non solo: c'è un forte irredentismo dell'area. Il popolo curdo, per esempio, chiede un suo territorio, ci sono zone di aspirazioni indipendentiste anche tra il Pakistan e l'Iran. Il crollo dell'Iran probabilmente aumenterebbe queste tensioni. Difficile parlare di pace».

Cosa devono fare l'Italia e l'Europa?

«Sono uno dei più accesi sostenitori della difesa europea. L'Europa non deve restare un'entità geografica. Finora siamo stati solo spettatori. Al mondo serve un pilastro europeo che sia un interlocutore unitario degli Usa».

La possibile disgregazione dell'Iran non comporta il rischio di un dilagare del terrorismo?

«Sì. Queste tensioni interne tra i vari gruppi troverebbero la strada per esprimersi in azioni terroriste».

Ci sono rischi di guerra nucleare?

«Sicuramente non in questa situazione. Israele sta vincendo senza trovare forti resistenze. Si è parlato di rischio nucleare per la guerra in Ucraina, ma a me non sembra che sia un pericolo reale. I russi hanno una notevole potenza nucleare e minacciano di usarla, ma è propaganda. I russi non hanno nessun interesse ad adoperare la bomba H in questa guerra. Questa è una guerra che la Russia conduce per impossessarsi di una parte del territorio ucraino. Se io sono interessato alla conquista di un territorio, certo non lo rendono inagibile per decine di anni con un bombardamento nucleare».

Quello che sta succedendo in Ucraina e in Medio Oriente può essere l'antipasto della terza guerra mondiale?

«Non credo. Possiamo parlare di conflittualità dilagante, conflittualità che si alimenta e poi si assopisce. Il mondo è pieno di situazioni di grandi contrapposizioni.

In Africa abbiamo lo scontro tra Etiopia ed Eritrea, abbiamo il Congo, abbiamo la Somalia, nel sud-est asiatico c'è la crisi di Taiwan. La guerra nel mondo non si è mai placata. Mai. Noi abbiamo avuto in Europa il privilegio di 80 anni di sviluppo pacifico. È un'eccezione della storia».

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