
Non è il giorno del chiacchiericcio, né delle facili distrazioni. Prato della Valle lo sa. C'è chi indossa i baschi dei corpi dell'esercito, chi si asciuga gli occhi gonfi di commozione, chi urla tra la folla "presenti". E tutti applaudono. In una giornata di lutto nazionale fatta di bandiere a mezz'asta e di minuti di silenzio nelle scuole, a Padova sono arrivati in migliaia da ogni parte d'Italia per rendere omaggio ai carabinieri Davide Bernardello (padovano di 36 anni), Marco Piffari e Valerio Daprà (entrambi bresciani 56enni), morti all'alba di martedì nell'esplosione del casale dei fratelli Ramponi a Castel d'Azzano.
In mille dentro la basilica di Santa Giustina, almeno in duemila fuori a seguire i funerali dai maxischermi in rigoroso silenzio. Nell'atmosfera il dolore si percepisce come materia. "L'Italia è qua". Sembrano perfette per descrivere questo pomeriggio a Padova le tre parole pronunciate dal ministro Guido Crosetto. "Oggi tutti i carabinieri d'Italia sono qui con me, vicino a voi, anche quelli all'estero, e voglio abbracciavi tutti e dirvi grazie", ha aggiunto commosso. E davanti ai tre feretri avvolti nel tricolore c'è davvero tutto lo Stato italiano: in prima fila il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i due vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, oltre al presidente del Senato Ignazio La Russa, al presidente della Camera Lorenzo Fontana e a tutti i ministri del governo, al presidente della Regione Veneto Luca Zaia e al sindaco di Padova Sergio Giordani. Momenti di commozione per il Capo dello Stato e per la premier Meloni che scambiano alcune parole con i familiari delle vittime. "Nei secoli Fedele", twitta la premier. Poi l'abbraccio di Mattarella a Christian, figlio di Valerio Daprà. "Ha dedicato tutta la sua vita al dovere, al servizio e all'amore - dice il 26enne ricordando il padre -. Ha scelto una strada fatta di coraggio, sacrificio. Per lui era importante il senso di responsabilità, sempre presente in lui insieme alla pacatezza. Queste sono le qualità che ha sempre cercato di trasmettermi". Ad accogliere le tre salme sul sagrato della basilica i picchetti d'onore di Carabinieri, Esercito, Bersaglieri, Lagunari e Marina militare. Intorno un interminabile applauso civile avvolge una delle più grandi piazze d'Europa.
Nella chiesa monsignor Gian Franco Saba, ordinario militare per l'Italia, parla di "drammatico evento duro, doloroso e umanamente incomprensibile". Poi in Santa Giustina riecheggia la sua omelia: "La vittoria sul mondo e sul male è anche l'amore di chi serve la patria, cioè il prossimo, garantendo la giustizia, il bene comune, la stabilità delle istituzioni preposte a custodire nell'ordine e nell'armonia la comunità umana". Diversi carabinieri rimasti feriti quella notte sono immobili con sguardi attoniti. C'è chi è in sedia a rotelle, chi ha medicazioni su tutto il corpo. Dalle vistose fasciature si intravedono le lacrime solcare i volti, quando i familiari ricordano i caduti. "Hai potuto realizzare uno dei più grandi amori della tua vita - ricorda Fredile, papà di Davide Bernardello -. Eri limpido, sincero, generoso e pronto ad aiutare. Un tuo collega ci ha scritto: eri un'anima gentile di quelle che non si trovano più". Andrea, il fratello di Marco Piffari, chiede invece "a tutti che il loro sacrificio non sia reso vano". E poi aggiunge: "Faccio appello a voi carabinieri per ringraziarvi per quello che fate tutti i giorni".
I funerali di Stato si chiudono com'erano iniziati.
Prima con un surreale silenzio, poi con un lungo applauso all'uscita dei feretri. Valerio Daprà, Davide Bernardello e Marco Piffari vengono portati a spalla dai colleghi in divisa e accompagnati dagli onori militari. Alla testa del corteo funebre la corona della presidenza della Repubblica.