
Condannato a vent'anni di reclusione per omicidio volontario pluriaggravato. Il massimo della pena, quindi, per Riccardo Chiarioni, 18 anni, il ragazzo attualmente detenuto nel carcere minorile di Firenze che, nella notte tra il 31 agosto e il primo settembre dell'anno scorso, quando era ancora minorenne, uccise con 108 coltellate il padre Fabio 51 anni, la mamma 49enne Daniela Albano e il fratello minore di 12 anni, Lorenzo nella loro villetta a schiera a Paderno Dugnano. Dopo quasi nove ore di camera di consiglio lo ha deciso ieri nel processo con rito abbreviato la Procura per i minorenni di Milano che aveva chiesto per Chiaroni appunto 20 anni. La giudice Paola Ghezzi, pur tenendo conto delle attenuanti generiche e della minore età, ha ritenuto infatti sussistere la premeditazione e non ha riconosciuto il vizio parziale di mente del ragazzo accertato da una perizia psichiatrica voluta dalla stessa Procura.
Del resto già in mattinata era emerso nella discussione che per i giudici le aggravanti, compresa la premeditazione, avrebbero dovuto prevalere proprio sulla semi incapacità di intendere e di volere di Chiaroni rilevata dalla perizia eseguita da Franco Martelli.
Il legale del giovane, l'avvocato Amedeo Rizza, invece ha sempre insistito sul vizio totale di mente messo in luce da un'altra perizia psichiatrica richiesta appunto dalla difesa e firmata dallo psichiatra Marco Mollica, in base alla quale il difensore ieri mattina aveva chiesto il proscioglimento del ragazzo per incapacità totale o, in subordine, che gli venisse comminata una pena tenendo conto del vizio parziale e delle attenuanti.
"È stata una sentenza durissima che non posso accettare e che impugnerò - ha commentato ieri sera l'avvocato Rizza -. La gravità del fatto non è in discussione, ma non credo si possa arrivare a dare 20 anni, il massimo della pena, con il riconoscimento di due attenuanti generiche. Ricorrerò anche per il mancato riconoscimento del vizio di mente parziale. Quando Riccardo è uscito dall'aula e ha visto i parenti è crollato" ha concluso il legale.
Nella perizia psichiatrica, depositata il 14 marzo e firmata da Franco Martelli, si dava conto che il ragazzo viveva tra realtà e "fantasia", voleva rifugiarsi in un mondo fantastico, che lui chiamava della "immortalità", e per raggiungerlo nella sua mente era convinto di doversi liberare di tutti gli affetti. Una spiegazione, a livello di analisi psichiche e psicologiche, a quella terribile strage che è sempre rimasta senza un vero movente. Secondo il perito il 17enne era parzialmente incapace quando sterminò la famiglia, dopo che a casa quella sera c'era stata la festa per il compleanno del papà. "Volevo proprio cancellare tutta la mia vita di prima", aveva messo a verbale, parlando di quel "malessere" che durava da tempo, ma che si era acuito in estate, e dicendo di sentirsi "estraneo" rispetto al mondo.
"Volevo essere immortale, uccidendoli avrei potuto vivere in modo libero", aveva detto. "È stata la sera della festa che ho pensato di farlo", aveva riferito allora davanti alla gip Laura Margherita Pietrasanta.I nonni di Chiarioni gli sono sempre rimasti vicini.