
Cosa sia di preciso quest'aria pesante e mefitica che sta accerchiando l'Europa come una nube radioattiva, è difficile capirlo. Eppure, il risultato è una marginalizzazione sempre più evidente del Vecchio Continente, una sorta di maldisposizione del resto del mondo nei confronti di quella che un tempo fu la culla del pensiero occidentale, della civiltà cristiana, dell'umanesimo, e che oggi viene trattata come una ridotta messa all'angolo, quando non come un relitto del passato da ignorare.
In molti consideravano naturale e necessario il ritorno di un europeo al soglio di Pietro, dopo la parentesi bergogliana. Il tango e la ricreazione erano finite, si era parlato un po' di Sud del mondo, era tempo di rimettere la terra di Boezio ed Erasmo, Tommaso d'Aquino e Tommaso Moro al centro del villaggio cattolico globale. Invece, la Chiesa ha preferito mantenere il suo centro di gravità permanente altrove, a oceani di distanza dalla Curia romana e da quell'Europa in cui il 70% dei giovani sono Nones, ovvero atei, agnostici o non affiliati a una fede religiosa. Quell'Europa che fin dai tempi della Rivoluzione francese e di Novalis sembra voltare le spalle e contrapporsi alla cristianità che ha forgiato la sua arte, la sua cultura e dunque la sua identità.
La conferma di un'Europa senza Papa, che necessariamente rappresenta per la Chiesa una periferia quasi irrimediabilmente perduta sotto i colpi di una secolarizzazione difficilmente invertibile, arriva in un momento storico complicato per il Vecchio Continente. Insultata e rinnegata dall'America trumpiana turbocapitalista, vilipesa e dileggiata dall'orso russo, trattata come banale mercato da invadere dal comunismo 2.0 cinese, odiata con rancore dal Sud del mondo in quanto epicentro del colonialismo moderno, l'Europa non è mai stata così sola. È stata in crisi, ha cercato di suicidarsi con due guerre mondiali, ma non è mai stata così «diversa» ed esclusa dal resto del pianeta.
I motivi sono infiniti e non è certo questa la sede per una trattazione esauriente di temi su cui sono state scritte biblioteche intere. Ma in fondo, come sempre, tutto si riduce a due estremi, uno di cui siamo colpevoli, uno di cui siamo vittime. La colpa, forse, è aver sperato di sostituire le ideologie e la religione, ovvero i motori meno razionali della Storia, con l'illuminismo. Una nuova base su cui erigere una società utopisticamente più giusta e buona, basata sui diritti inalienabili e il rispetto, fino a battaglie più opinabili come ambientalismo e inclusività. Il tutto seguendo una logica materialistica, scientifica e tecnologica e senza considerare il sacro e il divino, ma neanche gli ineliminabili impulsi umani. Il peccato di hybris dell'Europa è l'orgoglio di essere lo Zenit mondiale della razionalità, è l'illusione di poter convincere miliardi di persone a seguire questo nuovo stile di vita.
Dall'altro lato, l'Europa si trova ad essere bersaglio di una sorta di bullismo multipolare. Ci sono le superpotenze e i leader forti che disprezzano le «mollezze» democratiche e giudicano certe prese di coscienza sociali ed etiche come debolezze e si accaniscono a colpi di dazi, concorrenza sleale, invasioni reali e minacciate; e ci sono i Paesi arabi e il Sudamerica, l'Africa e l'Asia con i loro revanscismi tardivi, con la voglia di pareggiare i conti anche a colpi di attentati. Al di là del turismo e dell'ammirazione per arte, cultura, moda e cucina, per cui l'Europa continua ad essere meta di interesse è come se mezzo mondo sentisse l'esigenza di accanirsi e ridurla all'irrilevanza. Di rendere l'Europa per una volta piccola e periferica.
Quell'Europa che si sentiva superiore per esserlo stata realmente, voleva essere migliore ed è finita senza fede, senza comunismo, senza nazionalismo, senza capitalismo, senza atlantismo e senza una voce udibile. E pure senza Papa.
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