Politica

Chi ha vinto davvero (e chi ha perso) alle elezioni

Le risse del centrodestra, il flop del campo largo, l'annientamento del M5s: il voto delle amministrative fa emergere i punti di forza e le debolezze di tutti i partiti gettando un'ombra sulle politiche

Vincitori e vinti: vademecum per leggere i risultati delle elezioni amministrative

Vincitori e vinti. Già. Ma chi ha davvero vinto? E chi ha davvero perso? È sempre così: il giorno dopo le elezioni nessuno ha il coraggio di battersi il petto e fare mea culpa. I numeri, che dovrebbero essere inopinabili, vengono plasmati a seconda dell'esigenza. I vari leader si presentano in conferenza stampa e snocciolano grafici davanti ai giornalisti con l'intento di dimostrare l'indimostrabile. Certo, ci sono i sindaci, quelli eletti. Loro sì che hanno vinto. Ma i partiti, che li hanno sostenuti, non hanno di che star sereni perché nessuno di loro ha portato a casa un risultato pieno. Mai come in quest'ultima tornata elettorale, infatti, il voto è riuscito a rappresentare i loro punti di forza e le loro debolezze.

Per questo è opportuno, soprattutto in vista delle politiche, fissare quello che è successo nelle ultime due settimane per meglio comprendere quello che sta succedendo oggi e per provare a ipotizzare quello che succederà da qui a un anno.

  1. La vulgata racconta di un Letta trionfante. Città come Verona, Alessandria, Piacenza e Monza strappate al centrodestra. E poi le vittorie di Parma, Catanzaro, Cuneo e Carrara. "È un risultato straordinario", esulta il segretario dem. I numeri, però, dicono altro: se andiamo a guardare i risultati dei 142 Comuni al voto il centrodestra passa da 54 a 58 sindaci, mentre il centrosinistra scende da 48 a 38. A questi ultimi se ne vanno ad aggiungere altri quindici grazie all'alleanza col M5S. A conti fatti, per quel che può valere in un momento di instabilità politica come quello che stiamo vivendo, Letta non può appuntarsi alcuna medaglia d'oro.
  2. I risultati dei ballottaggi confermano quanto già decretato al primo turno: il campo largo a cui Letta ha duramente lavorato non funziona. I Cinque Stelle sono un peso per il Pd e il Pd va sicuramente meglio senza i Cinque Stelle. E se i grillini sono un problema a livello locale, figuriamoci a livello nazionale dove le politiche dei due partiti faticano sempre più a trovare punti di contatto.
  3. Ancora prima che si aprissero i seggi, Conte sapeva già che sarebbe stata una sconfitta. Questo perché, anziché confrontarsi con gli elettori, aveva preferito nascondersi: aveva presentato appena 67 liste (un terzo delle quali in coalizione col Pd), più del 70% in meno rispetto al 2017. Il risultato consegnatogli dalle urne ha confermato quel brutto presentimento. Un autentico flop: i sindaci pentastellati spariscono dalla cartina dell'Italia e la loro assenza fa ancora più rumore in quelle regioni come la Sicialia che cinque anni fa avevano trainato la volata pentastellata. La diaspora di voti, però, non è ancora finita. La spaccatura con Di Maio non fa presagire nulla di buono. Alle politiche Conte rischia di non andare oltre il 7% e di essere così relegato a fare da appendice ai dem.
  4. Se centrosinistra e grillini devono fare i conti coi propri demoni, il centrodestra non è certo da meno. Anzi. I ballottaggi hanno oscurato l'ottimo risultato incassato al primo turno. La lezione è sempre la stessa, ma sembra che a nessuno interessi impararla. Uniti, Forza Italia, Fratelli d'Italia e Lega vincono. Genova e Palermo ne sono l'esempio. Divisi, invece, perdono. Due casi eclatanti in questo senso sono stati Verona e Catanzaro. In vista delle politiche il centrodestra dovrebbe azzerare le polemiche (e le risse) interne e trovare la quadra. La litigiosità delle ultime ore, però, non lasciano presagire nulla di buono.
  5. La buona politica vince. Sesto San Giovanni ne è l'esempio. Quella che fino a cinque anni fa era considerata la Stalingrado d'Italia ha confermato il sindaco uscente Roberto Di Stefano. Se nel 2017 votare il centrodestra poteva essere letto come un atto di sfiducia nei confronti della classe dirigente dem, oggi è un premio al buon governo del centrodestra. È vero che non è possibile traslare questo voto a livello nazionale, ma è anche vero che la presenza di un candidato che unisce la coalizione anziché dividerla è fondamentale per vincere. E questo vale anche alle politiche dove Forza Italia, Fratelli d'Italia e Lega sono date oltre il 50% anche senza contare le sigle centriste minori.
  6. Non esistono più le roccaforti. Lo dimostrano la vittoria del centrodestra a Lucca e del centrosinistra a Monza. I voti vanno guadagnati: tutte le città, tutte le Regioni, possono essere espugnate. Il ché dà un ampio margine a tutti i partiti anche visto l'astensionismo galoppante.
  7. L'astensione, appunto. Si fa sempre più preoccupante. C'è un'ampia fetta di popolazione (in alcune aree va oltre la maggioranza) che non viene più intercettata da alcuna forza politica. Il partito del "non voto" consegna il Paese a un'imprevedibilità senza precedenti.
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