Previdenza e pensioni

Pensioni, assegno più basso per chi vive di più: la proposta dell'Inps

Lo studio dell’Istituto ha come obiettivo la distribuzione dei fondi pensionistici in base alle aspettative di vita. Il calcolo viene effettuato considerando il luogo di residenza e la professione svolta

Pensioni, assegno più basso per chi vive di più: la proposta dell'Inps

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Meno soldi a chi ha maggiori aspettative di vita. Lo studio firmato Inps si pone come obiettivo la perequazione degli assegni pensionistici in base alla speranza di vita dei lavoratori. Gli assegni cambiano in base alla regione di residenza e alla tipologia di professione svolta. Questi dati potrebbero essere utilizzati dal governo per la riforma previdenziale. L’Inps denuncia un’ingiustizia all’interno del circuito pensionistico: secondo l’Istituto, gli assegni dovrebbero essere stabiliti considerando che i soggetti meno abbienti hanno una speranza di vita più breve e ciò è meno equo e avvantaggia solo i più ricchi.

La speranza di vita

Per comprendere i criteri di categorizzazione degli assegni è necessario, come anticipato, controllare la speranza di vita degli italiani divisa per regioni o per categorie professionali. Per esempio ci sono persone che all’età pensionabile di 67 anni possono vivere ancora per decenni, altri soggetti, invece, hanno un’aspettativa di godere degli assegni nettamente inferiore.

Il coefficiente di trasformazione

Entra in gioco il coefficiente di trasformazione, ovvero il valore che concorre al calcolo della pensione con metodo contributivo, che attualmente è uguale per tutti. Non viene tenuto conto però della professione svolta, del suo logorio, dell’efficienza sanitaria della Regione in cui si vive oltre e delle predisposizioni genetiche che sono differenti per tutti.

Il Covid

La riduzione della speranza di vita dopo l’aumento della mortalità dovuta al Covid ha contribuito ad aumentare l’assegno pensionistico di chi ne usufruirà dal 2023. L'Inps ha recentemente comunicato attraverso un decreto interministeriale, emanato dal ministero del Lavoro e dal ministero dell'Economia e delle Finanze, che sono stati aggiornati i coefficienti utilizzati per calcolare le quote contributive nei periodi 2023-2024. Ad esempio, il coefficiente per chi ha 67 anni è ora 5,723, in aumento rispetto al 5,575 del biennio precedente (2021-2022) e persino superiore al triennio 2016-2018, in cui era 5,700. È importante notare che questi coefficienti di trasformazione influenzano il calcolo delle pensioni e variano in base all'età del lavoratore quando richiede la pensione, spaziando dall'età di 57 anni fino a 71 anni. Maggiore è l'età al momento del pensionamento, più elevati saranno i coefficienti di trasformazione. Per esempio, nel 2023, il coefficiente è 4,270 per chi esce a 57 anni (rispetto a 4,186 nel biennio 2021-2022) e 6,655 per chi esce a 71 anni (rispetto a 6,466 nel biennio 2021-2022).

Le professioni

Passando alle differenze tra professioni, dati dall'Inps mostrano che un pensionato iscritto al fondo dei lavoratori dipendenti, che comprende operai e impiegati, ha una previsione media di ricevere una pensione per 17,6 anni, mentre un pensionato ex dirigente iscritto alla gestione Inpdai avrà una previsione media di percepire la pensione per 19,7 anni. Tuttavia, non è solo la professione a influenzare la speranza di vita pensionistica, ma anche il reddito svolge un ruolo significativo. In questo caso, le differenze sono ancora più marcate. Un pensionato nel "primo quintile" delle fasce di reddito, ovvero tra i redditi più bassi, prevedibilmente riceverà una pensione per 16 anni in media. D'altra parte, un ex pilota nel "quinto quintile," la fascia di reddito più alta, avrà una previsione media di percepire la pensione per 20,9 anni.

In sintesi, l'aspettativa di vita media del primo gruppo è inferiore di quasi 5 anni rispetto al secondo gruppo.

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