
Un cardo e un decumano, tutto (o molto) è partito da lì. C'erano nuvole e pioggia quel primo maggio del 2015 su Milano quando con la benedizione di Papa Francesco si inaugurò l'Expo 2015, ma da quel giorno un nuovo sole sorse sulla città. Perché con quell'esposizione universale, come poche altre volte nella sua storia il futuro e anche il suo destino sono cambiati.
Non subito, perché nelle prime settimane l'afflusso dei visitatori non fu quello pensato. E più di qualcuno era già pronto a calarsi come un avvoltoio sul fallimento di quei bauscia di milanesi che immaginando un titolo ispirato ad alimentazione e sostenibilità, sembravano essere andati fuori tema. E invece avevano, come spesso succede, anticipato quello che a breve sarebbe diventato il tema cruciale per tutto il pianeta. Di lì le prime critiche, anche perché in fondo quell'Expo l'aveva immaginata Gabriele Albertini, l'aveva conquistata Letizia Moratti, era presieduta da Diana Bracco ed era gestita da un Giuseppe Sala che allora era ancora considerato, come tutti gli altri, un uomo di centrodestra.
Poi successe qualcosa e le code all'entrata si allungarono, i padiglioni vennero presi d'assalto e perfino i ristoranti con i menù etnici divennero un luogo d'appuntamento per i turisti che si moltiplicavano come le cavallette e i milanesi che cominciarono a lasciare il centro per scoprire quella landa fino ad allora considerata desolata a Rho-Pero e che invece con metro, treni ad alta velocità, strade, autostrade e fibra internet era diventata il luogo più infrastrutturato del Paese. Tanto che oggi Diana Bracco si può dire orgogliosa che su quell'area con lo Human technopole sia nato un grande hub della conoscenza, centri di ricerca privati, grandi multinazionali e start-up, una struttura ospedaliera di eccellenza come il Galeazzi e arriveranno le facoltà scientifiche e lo studentato dell'Università Statale. «Il distretto dell'innovazione Mind - dice Bracco - sta diventando una vera culla di futuro e di sviluppo economico, un luogo dove creare e condividere conoscenze. Ciò che avevamo ipotizzato con la candidatura sta accadendo e questo per me è un sogno che si avvera». E quindi se allora perfino il New York Times disse che Milano nel 2015 era diventata il «place to be», il luogo dove essere assolutamente, oggi si può dire che non solo lo è stata, ma che è destinata a esserlo anche per i decenni a venire. Un successo mondiale testimoniato da flussi di turisti che continuano ad aumentare spesso a doppia cifra, investimenti che arrivano da tutto il mondo e prezzi del mercato immobiliare schizzati alle stelle.
E qui sta il ritorno di un boomerang che rischia di trasformare la Milano storicamente accogliente, in una matrigna crudele.
Pronta a sacrificare i suoi figli non in grado di sostenere prezzi diventati ormai insostenibili non solo per studenti e ceti popolari, ma per quel ceto medio, spesso in arrivo da fuori, che è sempre stato il vero carburante di energie e di idee nel suo motore. Sembra essere questa, nel bene e nel male, l'eredità lasciata dall'Expo e la vera sfida da giocare per questo e per il prossimo sindaco.