Razionale, "pulita" e funzionale. Ecco la Como di Ico Parisi

Apre al pubblico l'archivio del grande designer e architetto, simbolo di una città

Razionale, "pulita" e funzionale. Ecco la Como di Ico Parisi

Alla fine degli anni Sessanta Ico Parisi (1916-96) - uno dei più importanti designer italiani del '900, prima matita di aziende come Cassina, Mim, Singer&Sons e Fratelli Rizzi - inventò con Francesco Somaini il Contenitore Umano, uno spazio abitabile a metà fra architettura e scultura costituito da un blocco di schiuma di poliuretano espanso, sagomato e racchiuso in una scocca in fibra di vetro, all'interno del quale trovava spazio una sola persona, al massimo due, per potere riposare, meditare, lavorare... Ecco: il contenitore umano di Ico Parisi, nato per un banale errore di progettazione in Sicilia, fu Como. Qui la sua famiglia si trasferì quando lui aveva nove anni, qui studiò diploma in Perito edile: di fatto non fu mai architetto, anche se a un certo punto Alberto Sartoris, suo amico, gli fece ottenere una laurea al Politecnico di Losanna -, qui svolse l'apprendistato nello studio di Giuseppe Terragni, qui conobbe la moglie, Luisa Aiani, progettista e designer, con la quale nel 1948 fondò lo studio-atelier "La Ruota", luogo di ritrovo intellettuale della Como degli anni d'oro (quella degli anni Cinquanta-Settanta), e qui visse sempre, lavorò instancabilmente e morì. Como fu la sua casa-contenitore. Che abbellì con la sua arte, le invenzioni, le decorazioni, le sue case, i suoi arredi.

E oggi, qui a Como, città che intanto è diventata un brand, tutto riparte da dove tutto iniziò. Nel centro storico, a cinque minuti a piedi dal Duomo e a quattro dal lungolago, in via Diaz, proprio di fronte a quello che fu lo studio "La Ruota" e ora è un negozio di antiquariato, in un'antica casa di ringhiera ha sede l'"Archivio Design Ico Parisi", che in occasione della settimana del "Lake Como Design Festival", in programma da domani a domenica 21 settembre, per la prima volta apre al pubblico. Interamente privato, costituito da un lascito testamentario della sorella di Ico Parisi a favore di Roberta Lietti, che ne è la curatrice e responsabile e che negli anni lo ha arricchito con nuove acquisizioni, l'archivio raccoglie una serie di quadri mai esposti realizzati da Ico Parisi tra gli anni Settanta e Ottanta (tra cui i grandi pannelli della serie Crolli edificanti che mischiano pittura e collage fotografici); un'enorme quantità di fotografie, sia personali che di lavoro, tra cui quelle scattate durante la Seconda guerra mondiale quando il sottotenente del genio pontieri Ico Parisi prese parte alla campagna di Russia documentando i ponti ricostruiti e le condizioni di vita al fronte; e poi disegni, schizzi, progetti, centinaia di libri e riviste di arte, design e architettura che testimoniano il suo lavoro e quello dei suoi amici: architetti e pittori comaschi come Terragni e Mario Radice, ma anche Melotti, Munari e Fontana; le lettere che si scambiava con Gio Ponti e Bruno Zevi, del tutto inedite; e poi i suoi pezzi di design: tavoli (gli "iconici" tavoli di Ico, che oggi valgono migliaia di euro), vasi di Murano, specchi, oggetti in ceramica e in plexiglass e persino - è in arrivo il plastico del concorso per la nuova sede del Palazzo di Giustizia di Como degli anni '60...

"Ico Parisi dal punto di vista della progettazione architettonica aveva una mente eccelsa. Era un eclettico e un esploratore. Lui si definiva un erede dei maestri comacini, un artista-artigiano del Rinascimento: era pittore, architetto, fotografo, critico... Lavorava tutto il giorno ricorda Roberta Lietti -, me lo ricordo sempre con la matita in mano. Il mio primo incontro con Ico e sua moglie risale all'infanzia. I miei genitori erano clienti del loro atelier, qui di fronte. Fu proprio Ico a spingermi ad aprire alla fine degli anni '80 una mia galleria dove potesse esporre le sue cose. E fu da me, era il 1992, che presentò i suoi primi mobili zoomorfi. Lì è nata la mia passione per l'opera di Parisi e l'idea di un archivio che custodisse la memoria di uno straordinario momento storico dell'architettura italiana".

Linee pulite e forme geometriche, eleganza e funzionalità, lo "stile Parisi" è in fondo anche la cifra di una città, la Como degli artisti e gli architetti che qui vissero e lavorarono (Terragni, Cattaneo, Lingeri, Radice, Rho, Sartoris...) e che ne hanno fatto la capitale dell'architettura moderna. Ecco perché l'"Archivio Parisi" può diventare, come spazio espositivo e centro studi, il volano per la valorizzazione del patrimonio architettonico razionalista (e non solo), anche in termini di turismo culturale. Ciò che qui è accaduto nel periodo compreso fra le prime cose di Antonio Sant'Elia e l'immediato dopoguerra, nonostante la strisciante rimozione basata su uno stupido equivoco che sovrappone razionalismo e fascismo, resta un unicum dal punto urbanistico e architettonico. Como non è solo un hub dell'overtourism.

Tour modernista lariano. La Casa del Fascio (1936) di Terragni, edificio-simbolo del '900. Il suo "Sant'Elia", (1936-37), l'asilo più bello del mondo, oggi chiuso e a rischio degrado. E il suo "Novocomum" (1928-29), palazzina-gioiello che costituisce il primo grande esempio di architettura razionalista in Italia. Il Monumento ai Caduti (1930-33): un capolavoro assoluto alto 30 metri, in pietra, aperto da grandi finestroni che incorniciano l'acqua, fu disegnato dal futurista Antonio Sant'Elia, scelto fra altri progetti da Marinetti e riadattato da Terragni... L'idroscalo (1930), un impianto per l'ammaraggio e il decollo di idrovolanti situato sul lago, l'unico attualmente operativo in Italia. La palazzina della Canottieri Lario (1931), altra perla dell'architettura razionalista.

E infine lo stadio "Giuseppe Sinigaglia" (1925-27) - waterfront e orgoglio comasco - voluto da Mussolini e realizzato da Giovanni Greppi, che ora il progetto di riqualificazione e allargamento con tanto di albergo e centro commerciale, proposto dallo studio londinese incaricato dalla famiglia indonesiana proprietaria della squadra di calcio, rischia di snaturare. E - vedendo girare certi rendering che avrebbero inorridito Parisi, Terragni e soci - voglia il dio degli architetti che non succeda.

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