Razzi su Dida, quattro mesi all’ultrà interista

L’imputato fu l’unico a venire identificato. La società non si rivarrà per gli incassi persi dopo le 4 giornate di squalifica

Gian Piero Scevola

La montagna ha partorito il classico topolino. Con una condanna a 4 mesi di reclusione si è infatti conclusa davanti alla quarta sezione del tribunale penale il processo a un tifoso interista, M.P., da poco maggiorenne. Il giovane era accusato di avere lanciato materiale incendiario durante l’euroderby di ritorno di Champions dello scorso 12 aprile, quando dalla famigerata curva nord, settore degli ultrà nerazzurri, piovvero in campo decine di razzi, bengala e petardi. Il portiere milanista Dida fu colpito e la partita venne interrotta, ripresa per una manciata di secondi e poi, a seguito di altri lanci, definitivamente sospesa. L’Inter subì una dura sanzione dall’Uefa: 4 turni a porte chiuse, più altri due nel caso si fossero verificati ulteriori incidenti (fortunatamente tutto è andato bene nel silenzio del Meazza per il girone di Champions).
Fu una vergogna per il club di Massimo Moratti e una macchia difficilmente cancellabile nella pur gloriosa storia nerazzurra. Un’inchiesta sui fatti dell’euroderby aperta dal pm Fabio Roia, si era conclusa nello scorso novembre con l’archiviazione. Era andato sotto processo questo tifoso, identificato in un periodo successivo alla prima fase delle indagini attraverso i filmati. Dopo la requisitoria del pm conclusa con una richiesta di condanna a 2 mesi e 20 giorni, l'avvocato Caterina Malavenda, difensore del tifoso, ha sollevato dubbi sulla validità degli strumenti attraverso i quali si è arrivati a identificare il suo assistito. Secondo il legale, il filmato sarebbe tutt'altro che chiaro e non poteva essere ritenuto una prova inconfutabile. Da qui la richiesta di assoluzione. Il giudice ha invece quantificato in 4 mesi la condanna infliggendo anche una pena accessoria: un anno di divieto a frequentare gli stadi italiani.
Emblematico comunque il fatto che tra i tanti lanciatori di bengala, a essere identificato sia stato solo l’allora minorenne, a dimostrazione di come la sicurezza a San Siro sia un optional. Ma altrettanto emblematico è che il danno patito dall’Inter ad opera di un gruppo di teppisti imbecilli, quantificato in 6/7 milioni di euro per mancati incassi e pubblicità, non debba ricadere su nessuno. L’Inter infatti ha preferito non rivalersi nei confronti del giovane condannato. L’amministratore delegato Mauro Gambaro ha deciso di non intervenire.

«Ci siamo sempre attenuti alle decisione dei giudici e abbiamo appoggiato il corso della giustizia, non per fini economici, ma per un risvolto sociale e civico, ecco perché non pensiamo di andare oltre», la sua dichiarazione. E gli ultrà esultano, anche questa volta è andata bene. Avanti il prossimo... tanto se la caverà con niente.

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