A rnaldo Pomodoro, marchigiano d'origine e cosmopolita per vocazione, dice di sè: «Mi sento un uomo che appartiene alla cultura del Mediterraneo, poiché tutto nasce là», e lo dimostra con la prima personale che ha inaugurato la stagione espositiva della sua Fondazione, una ex fabbrica ristrutturata da Pierluigi Cerri. La mostra di quindici «Grandi Opere 1972-2008», a cura di Bruno Corà, è affiancata da una esposizione di fotografie di Ugo Mulas.
Il titanismo e la costruzione dello spazio attraverso le sculture sono una chiave di lettura della sua mostra, caratteristiche già implicite nell' «Obelisco», in acciaio corten (14 metri) ispirato all'antico Egitto, collocato davanti all'entrata della Fondazione, dallo spazio coinvolgente quanto la Turbine Hall della Tate Modern Gallery di Londra. I «Grandi Dischi» di Pomodoro li conosciamo tutti, poiché sono sparsi nel mondo, sono invece una sorpresa le opere: «Il Grande portale dedicato» a Edipo, l'Obelisco e l' "Ingresso nel Labirinto", realizzato come omaggio a Gilgamesh con il riferimento al mito, al tema del viaggio e alla storia dell'uomo.
La sua personale evidenzia la sua passione per il teatro, per i classici antichi e per la cultura Mediterranea. Quali sono le grandi opere che reggono questo spazio monumentale che intimorisce artisti e spettatori?
«Sicuramente "Il Grande Portale", realizzato nel 1988 con materiali teatrali, poveri, in legno, come scenografia per "L'Oedipus Rex "di Cocteau e Stravinskij con la regia di Alberti, in Piazza Della Quercia a Siena, fuso in bronzo, pesa 44 tonnellate ed è stata realizzata per questa mostra. Mi ha sorpreso osservare come quest'opera prima pensata per l'esterno, dialoghi qui con lo spazio interno, potenziando il suo significato legato all'arcaicità dell'uomo e ai simboli che essa stessa contiene. L'elaborazione dalla prima fase in legno a questa fusione in bronzo è stata un odissea, ho lavorato a questa porta nei ritagli di tempo, tra un opera e un viaggio e finalmente l'ho finita. Dovevo farlo, lavorare è l'unico modo per non sentire il tempo che passa: mi tiene vivo».
La Fondazione diventerà Museo della scultura. Cosa presenterete? «Ci dedicheremo in particolare alle mostre che documentano la scultura italiana del XX secolo, aprendoci anche ai giovani artisti con un concorso a premi; le cui opere selezionate da un comitato specifico vengono già esposte da due anni nella nostra sede, riscuotendo grande interesse da parte del pubblico. Quest'anno abbiamo ospitato anche spettacoli teatrali e musicali in programma ogni giovedì, giorno in cui la Fondazione è aperta fino alle dieci. Nel 2009 inaugureremo uno spazio lunch-caffè, così il Museo potrà competere con quelli europei; l'architettura è interessante anche perché è ubicato nella zona di Archeologia Industriale, a pochi passi dall'ex Ansaldo e via Tortona, nei luoghi dell'innovazione e trasformazioni urbanistiche ancora in atto».
Quali sono gli artisti che l'hanno maggiormente influenzata?
«Direi che ho... scopiazzato un po' di arte degli Ittiti, dei Sumeri e degli Egizi, le cui civiltà furono caratterizzate da grandi opere architettoniche chi mi hanno fatto capire l'importanza del segno e della scrittura come tracce di un tempo astorico. Mi ispiro alla semplicità di Klee, alla linearità di Brancusi, alla spazialità di Fontana, il primo ad avere fiducia in me e in mio fratello Giò agli esordi, poi ho avuto la fortuna di nascere nel Montefeltro, tra i centri del Rinascimento italiano, dove ho assimilato il concetto di scultura -architettura, osservando ponti e archi romani e le rocche di San Leo e San Marino, luoghi incantevoli in cui la roccia e l'architettura diventano uno spazio unitario».
A che punto è il suo progetto "Arco" per Tivoli e a quali altre opere sta lavorando?
«Entro l'anno termino l'Arco per la piazza Garibaldi, collocato vicino alla famosa Villa, inoltre a marzo chiuderò questa mostra con la rifinitura dell'opera il "Labirinto" che diventerà una scultura permanente della Fondazione. Sto lavorando al progetto di una cantina per la tenuta di Castelbuono a Bevagna, che sarà ispirata alla forma di una tartaruga, simbolo della fertilità».
Quali progetti ha per l'Expo 2015?
«Primo essere ancora vivo, e secondo portare una grande porta nell'area delle ex- Fabbrica Falk, che sarà trasformata da Renzo Piano nel centro del nuovo. Stiamo già lavorando perché questo sogno diventi una realtà».
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