Milano - Da figlio di immigrati italiani si era sottratto alla povertà vendendo un piatto caldo, i ravioli. Ma è con il freddo che arrivò la fortuna per Joseph Settineri. Nel 1947 il colpo di genio: surgelare il più italiano dei piatti, la pizza. Sei anni dopo negli Usa se ne vendevano già 7 milioni l’anno. Settineri vendette la Roman Pizza, alla fine degli anni 60. Ma continuò a importare cibo italiano fino a 80 anni. Tre giorni fa il padre della pizza da freezer, e capostipite di una nuova era dei consumi alimentari è morto in Florida a 92 anni.
Ma se il personaggio è stato dimenticato, la rivoluzione dei costumi portata dai cibi surgelati ormai è storia. Nelle case italiane entrarono insieme alla musica dei Beatles e alle pettinature cotonate. I primi consumati nella terra della buona tavola risalgono agli anni 60. Da allora, nonostante le ricorrenti preoccupazioni salutiste e le proteste dei difensori della cucina tradizionale, i freezer degli italiani si sono riempiti sempre di più. Il boom vero e proprio dura da 23 anni, un fenomeno che non ha uguali per nessun altra categoria di consumi agroalimentari.
All’epoca in cui arrivarono nel Belpaese, negli Stati Uniti e nei Paesi Scandinavi erano già una consuetudine, ma sulle nostre tavole fu una rivoluzione. Ma più le casalinghe si affrancavano dal lavoro domestico, più le verdure sotto ghiaccio guadagnavano spazio a tavola.
Vent’anni dopo il loro sbarco, l’Italia era entrata nell’epoca dell’edonismo reaganiano e della Milano da bere, e non c’era già più nessuno che non avesse almeno una volta mangiato piselli surgelati, i veri re del mercato (chi li ha più mangiati freschi?). Sono gli anni degli spot col peschereccio che surgela il pesce fresco a bordo della nave e poi di «Capitan Findus». Gli anni del pesce (i mitici bastoncini) pilastro numero due dei prodotti da freezer.
«Il momento della svolta però - spiega Vittorio Gagliardi, presidente dell’Istituto italiano alimenti surgelati- è stato negli anni 90, quando la gente è passata dal “pozzetto” in cantina, che serviva a congelare i propri prodotti, al frigo con annesso freezer: da allora i surgelati fanno parte della routine». Risultato: ora nelle nostre case se ne consumano mediamente 520 mila tonnellate ogni anno.
La vittoria definitiva sul fresco arriva però nel '95 con l’invenzione dello «stir fry», tecnica che permette di conservare piatti precucinati e prepararli in 15-20 minuti in padella con un filo d’olio. Prima ci voleva mediamente un’ora di forno. Ed è subito boom. Nel 2000 il piatto pronto raggiunge cifre vertiginose, ma poi ripiega.
Probabilmente per il costo dei prodotti (sono anni di crisi economica) e per il risvegliarsi della voglia di cibi «naturali». Una richiesta di cui il mercato si è accorto in fretta. Ed ecco le nuove tendenze. «Un comparto emergente è quello dei prodotti semilavorati e totalmente naturali che facilitano la preparazione, ma allo stesso tempo lasciano spazio alla creatività e alla personalizzazione del consumatore», spiega Marco Nicora responsabile marketing surgelato della Buitoni, che ha lanciato tra le altre una linea a base di verdure e pesce senza glutammato, aromi, grassi o sale.
Una «base» a disposizione della casalinga versione 2000 per preparare condimenti per la pasta.E poi le nuove patate: sembrano fritte, ma si scaldano in forno. L’olio è bandito e la dieta, almeno sulla carta, è rispettata. Se ne vendono già 70mila tonnellate l’anno.
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