Salute

Anuptafobia, quando la paura di restare single diventa fobia

L’anuptafobia è la paura di restare single. È un disagio molto diffuso e colpisce soprattutto i soggetti con bassa autostima e affetti da sindrome dell’abbandono

Anuptafobia, quando la ricerca di un partner diventa un’ossessione

Quando si ha paura di stare da soli e la ricerca di un partner diventa una vera e propria “ossessione” si parla di un disturbo psicologico chiamato anuptafobia. Nota come “sindrome di Bridget Jones” è la paura di rimanere single.

È un disagio molto diffuso nella società attuale. L’emergenza sanitaria legata al Covid ha contribuito a estendere i suoi effetti. Questo disagio è spesso legato al retaggio culturale secondo il quale la realizzazione di un individuo è insita nella capacità di formarsi o meno una famiglia. I soggetti più a rischio sono gli over 35, i quali tendono a sentirsi anormali e vulnerabili quando i rapporti con i loro amici diminuiscono drasticamente perché in questa particolare fascia d’età la maggior parte di essi hanno un partner o dei figli.

Le donne sono quelle che ne soffrono maggiormente perché il loro “orologio biologico” le spinge a ricercare una stabilità e un partner affidabile con il quale avere dei figli. Ritrovarsi a quarant’anni senza un partner o senza figli è vissuto dalla maggior parte di molte donne come un vero e proprio “fallimento”.

Come riconoscere l’anuptafobia

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Le persone affette da anuptafobia hanno una bassa autostima. Tendono a svolgere qualsiasi azione riguardante la propria esistenza in funzione del partner di turno. Sono persone fragili e instabili; in molti casi, sono reduci da relazioni tossiche. Dopo la fine di una relazione invece di focalizzare un po’ di tempo su ste stesse tendono a ricercare al più presto un altro partner sostitutivo col quale costruire una relazione indipendentemente dalla qualità di quest’ultima.

Molte di queste persone soffrono della famigerata “sindrome dell’abbandono” tanto da non sopportare l’idea di poter stare da sole. Questo loro atteggiamento non le consente di crescere né emotivamente e né dal punto di vista relazionale. Chi soffre di questo disagio, quando è in coppia tende ad annullare la propria personalità per paura di non piacere all’altro. Fa propri gli interessi, le passioni e gli ideali del partner.

«Il più grande campanello d’allarme che ci segnala che la nostra ricerca dell’amore è dovuta all’anuptafobia è quando paura o ansia diventano il motore stesso della nostra ricerca. Un altro elemento che ci aiuta a identificare la nostra voglia di una relazione come anuptafobia lo riscontriamo quando, una volta trovato il proprio partner, questo traguardo produce in noi un senso di sollievo notevole, in quanto allevia una paura della persona, ma non una soddisfazione in quanto tale», ci spiega Aida Rubio, Head of Clinical Content di TherapyChat, la piattaforma di psicologia on line.

«La persona può ritrovarsi a rifiutare certe caratteristiche della propria identità, o certi frammenti della sua storia personale se sono legati a fallimenti nella sua incessante ricerca di un partner. Può evitare di parlarne, nasconderli e sentirsi terribilmente in imbarazzo. Allo stesso modo, può sperimentare sentimenti amplificati di gelosia verso coloro che hanno ciò a cui la persona aspira: un partner stabile. Infine, la persona con anuptafobia non solo può essere colpita da un significativo malessere interno, ma può vedere anche compromessa la sua vita sotto vari aspetti. Per esempio, può modificare i suoi schemi sociali per massimizzare le sue possibilità di trovare un partner invece di concentrarsi sul passare più tempo di qualità con i suoi cari; o può ritrovarsi ad attuare comportamenti sessuali rischiosi», precisa l’esperta.

Come superare l’anuptafobia

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Non esiste una cura mirata per guarire dall’anuptafobia. Per superare questo disagio è fondamentale lavorare molto su se stessi, partendo dall’accettazione della propria condizione di single. Un buon punto di partenza è quello di imparare a gestire le proprie emozioni anche e soprattutto quelle negative dalle quali si possono trarre innumerevoli insegnamenti. Gli esperti di psicologia consigliano di cogliere i periodi di solitudine come un’occasione per conoscersi meglio e crearsi stimoli nuovi diretti ad alimentare passioni e attività che spesso, quando si è in coppia, si tende a mettere in stand by. Dedicarsi ad attività creative accresce la propria autostima e consente di avere la mente impegnata e diretta verso obiettivi nuovi e stimolanti.

Nei casi in cui questo disagio si trasforma in depressione acuta, tanto da compromettere la qualità della vita del soggetto, è meglio rivolgersi ad uno psicologo.

Grazie ad un esperto si può decidere di intraprendere un percorso finalizzato alla gestione delle proprie emozioni negative e alla piena accettazione di sé o anche mirante a gestire traumi e ferite psicologiche legate alla propria infanzia che inevitabilmente influenzano nella costruzione di relazioni sentimentali sane e positive.

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