La scacchiera liquida. Ieri e oggi le sfide tra grandi potenze si giocano sul mare

Il tema del dominio degli oceani torna di piena attualità in libri e saggi

La scacchiera liquida. Ieri e oggi le sfide tra grandi potenze si giocano sul mare

«Tutto è sorto dall'acqua,/grazie all'acqua ogni cosa vivrà!/serbaci la tua eterna opera, Oceano!». Non stupisce che questi versi tratti dal Faust di Goethe ornino le pagine iniziali di Terra e mare di Carl Schmitt, pensatore che colse con straordinario acume e largo anticipo l'essenzialità del dominio marittimo negli equilibri strategici mondiali. «Siamo figli della terra o del mare?» si domandava il giurista di Plettenberg, rilevando come la risposta a tale quesito non avrebbe mai potuto rivestire la consistenza di un secco sì o di un altrettanto secco no. Il mare è, come annotava Joseph Conrad, complice dell'irrequietezza dell'uomo, difficilmente suo amico; ma nella loro fluida e cangiante forma di distesa azzurrina persa oltre la linea d'orizzonte, le acque hanno posto sfide epocali, temi e problemi la cui risoluzione ha determinato un impatto trasformativo sulla società e sulla civiltà. Le grandi invenzioni tecniche, quali la bussola, il sestante, il timone assiale, la stessa ingegneria navale nel suo complesso, hanno consentito all'essere umano la sfida assoluta contro la natura, contro i suoi elementi e contro il rischio, divellendo la chiusa civiltà feudale. D'altronde, e non per caso, sui frontoni delle gilde mercantili dei Paesi Baltici, all'epoca della Lega Anseatica, era scolpita la nota massima che Plutarco aveva attribuito a Pompeo, «navigare necesse est vivere non necesse»; frase che avrebbe suscitato l'interesse di Sigmund Freud e di Joseph Schumpeter, come dinamica quasi araldica di superamento della ossificazione importata dalla avversione al rischio. «Le rotte marittime fungono da diramazioni di un unico sistema circolatorio dell'Oceano Mondo, consentendo il fluire di commerci, traffico Internet ed energia» ha scritto Giorgio Cuscito sul numero di aprile 2025 di Limes, suggerendo la stretta connessione tra sfida marittima e corsa allo spazio. Lo spazio rappresenta oggi senza dubbio ciò che tra il XVI e il XVII secolo furono le grandi rotte nautiche che schiusero il sipario della colonizzazione, propiziando la nascita di imperi come quello britannico, eretto sull'azzurro degli oceani. Ma il mare continua a mantenere una sua centralità strategica non solo simbolica.

Non stupisce, date queste premesse, scoprire come e quanto Anduril Industries, colosso americano del Tech applicato alla difesa, stia puntando in maniera molto incisiva sul dominio marittimo; ha realizzato sommergibili, quali il Dive-XL o il Seabed Sentry, e siluri, come il modello Copperhead, governati da intelligenza artificiale, capaci di fungere da sentinelle subacquee per controllare e difendere le infrastrutture oceaniche. D'altronde non dovremmo mai dimenticare il fatto che gran parte della infrastruttura fisica delle reti digitali scorra nel profondo degli oceani. Palmer Luckey, amministratore delegato di Anduril, il 10 maggio 2025 ha espresso un suo articolato pensiero su ciò che gli Stati Uniti dovrebbero fare per affermare un loro dominio strategico sui mari; costituire, oltre a una flotta governata da intelligenza artificiale, un network di isole della libertà, replicando strutturalmente una innovativa costellazione di Singapore o, se si preferisce, di Tortuga, patria dei pirati, armate fino ai denti ma del pari dotate di ogni comfort. La prima, ha scritto Luckey, dovrebbe incunearsi a Cuba, sfruttando le potenzialità di Guantanamo, enclave americana nell'isola castrista. Per costruire questo paradiso futuristico bisognerebbe, secondo Luckey, puntare su ogni Cubano che può fuggire a mezzo di nave, canotto, zattera o a nuoto, garantendo visto e permesso di soggiorno e lavoro. Solo derubando i partiti comunisti di forza lavoro, ha proseguito Luckey, si può erodere la loro presenza minacciosa. E l'Italia, cui pure tradizione marinara di lungo corso non è mancata?

Sull'importanza del mare, a livello storico-simbolico, identitario, urbanistico e culturale-politico, ci soccorre un bellissimo libro di Egidio Ivetic e Luigi Mascilli Migliorini, Il destino del mare. Napoli e Venezia, edito da Il Mulino. Due città profondamente legate a un destino marino, diverse eppure con molte connessioni storiche tra loro; ma, come opportunamente sottolineano gli autori, nel volume si è preferito mettere in luce e snudare le differenze. Illustrando «il golfo dei Vichinghi», ci si sofferma su quanto la calata dei Normanni nel chiuso mar Mediterraneo, lontano dalle temperie irrequiete degli oceani, abbia segnato un radicale cambio di paradigma. L'Europa, in un periodo travagliato di identità in fieri, scopriva questa connessione ombelicale tra settentrione e mare interno, che si sarebbe poi rinsaldata nel cuore delle crociate. La strutturazione di due Italie, quella a vocazione marinara del Nord e quella parimenti con vocazione marinara ma ubicata

nel meridione, vide le città settentrionali e Venezia in particolare ancorarsi alla dimensione europea. E non solo. Giustamente, si rileva come Venezia più che purissima rappresentazione occidentale sia una proiezione storico-culturale dell'oriente su suolo italiano. Da meditare, per le motivazioni sin qui esposte, le notazioni contenute nel capitolo «Il mare come Stato», che sin dal titolo programmaticamente rimanda la centralità di uno spirito vocato alla costruzione di una forma istituzionale debitrice della fluidità dell'acqua. Nei simboli, nei monumenti, nell'urbanistica, il mare ha inciso profondamente sulla cultura di queste due città, sulla loro economia, sulla loro evoluzione, si pensi allo Sposalizio del Mare, rito veneziano che affascinò Giosuè Carducci, che lo mise in versi, e lo stesso Carl Schmitt che ne ha affrescato la potenza in memorabili pagine.

Il volume contiene un preziosissimo invito, utile in questa epoca che nelle acque torna a vedere centralità: guardare a queste antiche città di mare come dimensione complessiva di civiltà e riscoprire quella cultura marittima per guardare al futuro con rinnovata forza.

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