La Scala in rivolta: duecento violini suonano la protesta

Un grande happening di circa due ore, l’istrionismo messo al servizio della causa sindacale. La ballerina che nel bel mezzo della protesta viene sollevata in aria col tutù, tra lo stupore dei turisti e l’esultanza dei fotografi. E si gode l’applauso, con l’espressione beata. Una manifestazione che inizia massacrando le orecchie dei passanti al suono di trombe da stadio e fischietti. E prosegue con gli orchestrali impegnati a consolarle, dopo aver trascinato in piazza viole violini e persino un contrabbasso. Anche ai carabinieri scappava da sorridere, schierati a contenimento dei baritoni per impedire l’accesso alla Galleria Vittorio Emanuele. «Costretti» ad ascoltare, insieme agli slogan rabbiosi, il «Va’ pensiero» di Giuseppe Verdi.
Circa 200 lavoratori della Scala (artisti, ma anche tecnici) ieri pomeriggio hanno manifestato «per il reintegro del Fondo Unico per lo Spettacolo, per la riforma del contratto nazionale di lavoro, per aprire un confronto con il Governo sulla bozza di riforma Barbareschi-Carlucci». E se sulla sostanza della protesta si può discutere, davanti alla resa estetica si può solo applaudire. Invece di minacciare il blocco degli spettacoli, come accade da anni alla vigilia della «Prima», stavolta l’evento l’hanno creato loro. Bloccando il traffico per una decina minuti, in un lungo faccia a faccia tra artisti pronti a immolarsi per la cultura e tassisti che mordevano il freno. Gridando accuse al sindaco Moratti, che «si dimentica troppo spesso il “gingillo” che ha di fronte», per poi dedicarle un’aria malinconica. Declinando le transenne di fronte a Palazzo Marino in uno strumento per gli esercizi alla sbarra delle ballerine. Per otto di loro, tra poche settimane, non scatterà il rinnovo del contratto. «Sono entrata alla Scala a dieci anni - spiega una ragazza sotto promessa di anonimato - e a trent’anni mi hanno mandata via senza vere spiegazioni. Una pugnalata».
«Colpa» delle scelte del nuovo direttore artistico del balletto, Makhar Vaziev, un russo inflessibile piovuto da San Pietroburgo. Ma colpa anche, secondo il delegato Uil dei ballerini Luigi Sarruggia, «dei troppi precari all’interno della nostra categoria». Per sbloccare la situazione, i ballerini chiedono un abbassamento dell’età pensionabile, dai 52 ai 45 anni, «com’era prima della riforma Dini del 1995».

Perché, come aggiunge una coppia, «il nostro non è un mestiere normale, è condizionato dal fisico». Ma anche i direttori d’orchestra e le soliste ieri hanno issato striscioni («Usciamo dagli schermi») e intonato slogan. Per una protesta che, assicura il corista Pierluigi Malinconico, «non ha nessun colore politico».

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