Cristoforo Colombo, certo. E poi Amerigo Vespucci, Giovanni da Verrazzano, Caboto e Pigafetta, i grandi navigatori e geografi celebri in tutto il mondo e diventati orgoglio della marineria italiana. Ma anche altri personaggi meno conosciuti, come Guglielmo Embrìaco Testadimaglio, eroe genovese della prima crociata; o il veneziano Pietro Querini, che nel Quattrocento naufraga disastrosamente sulle coste della Norvegia dove scopre il baccalà che poi riporta in laguna, facendolo diventare una prelibatezza veneta; e ancora il calabrese Giovan Dionigi Galeni, fatto schiavo dai barbareschi e poi divenuto supremo ammiraglio delle flotte ottomane e nel Settecento Alessandro Malaspina, navigatore toscano che esplora in lungo e in largo il Pacifico. E Luigi Rizzo, il marinaio più decorato d'Italia, oppure Tino Straulino, eroe di guerra, campione olimpico, vero "signore del vento" orgogliosamente fiero delle sue origini istriano dalmate. Sono questi e molti altri i protagonisti del libro di Marco Valle Andavano per mare (Neri Pozza) che segue di un anno il fortunato Viaggiatori straordinari, nel quale lo scrittore e giornalista triestino, milanesizzato da decenni, raccontava le imprese - spesso sconosciute - dei grandi esploratori italiani. E adesso una nuova avventura alla scoperta di sogni, imprese e naufragi dei naviganti tricolori. Il volume di Valle non è un saggio storico, quanto piuttosto un appassionante viaggio nel tempo ispirato a Fernand Braudel, Conrad, Salgari e Hugo Pratt.
L'autore ha una teoria precisa, che aveva abbozzato già anni fa in un altro volume dedicato a questo argomento, Patria senza mare (Signs Publishing, 2022), e cioè che a partire dal XVII secolo la grande tradizione della marineria italica sia andata scemando per cause esterne, ma anche per una certa vocazione culturale delle élite a rimanere attaccati alla terra, a cercare certezze aggrappandosi all'Europa centrale invece di proiettarsi verso il Mediterraneo. Con un'unica grande eccezione, quella di Camillo Benso conte di Cavour, che da uomo di terra, città e industria aveva però cercato di rilanciare l'Italia unita nel ristretto circolo delle potenze navali. Non è andata così, anche per la prematura scomparsa del conte. "Il mare bagna l'Italia ma non gli italiani", avverte Valle. "Eppure, al netto della retorica europeista, la Penisola è circondata da ottomila chilometri di acque salate, una posizione fortunata (e talvolta scomoda) fissata nel cuore del Mediterraneo, il grande bacino in cui ritroviamo i primari elementi politici, economici e militari su cui si regge, ieri come oggi, l'intero sistema Italia". La speranza dell'autore è che dopo questa lunga amnesia il mare possa rappresentare per l'Italia non solo un passato illustre da mostrare nei libri di storia, ma anche il futuro.
Qualche numero per capire l'importanza di questo settore strategico: nel 2025 ha raggiunto un valore totale di 216 miliardi di euro rispetto ai 178 del 2024 - di cui 76,6 miliardi di impatto diretto, rappresentando l'11,3% del Pil nazionale rispetto al 10,2% dello scorso anno. Con oltre 230mila imprese e più di un milione di occupati. E con un incremento, nel biennio 2022-2024, del +2% del numero di imprese del comparto. Ma non solo. Se l'Italia è un ponte naturale attraverso il Mediterraneo, è evidente che il settore marittimo deve avere un ruolo primario non solo nell'economia, ma anche a livello militare, strategico e geopolitico.
"Servirebbe una visione, una narrazione, una Storia", sostiene Valle. "Ed è proprio quello che manca a quest'Italia, da secoli cocciutamente interrata, un Paese che ha voltato spalle al suo passato marinaro. Ed ecco la ragione, il motivo di questo lavoro.
Ritrovare e raccontare alcuni tra i tanti uomini che in ogni tempo e ad ogni latitudine, dal passato più lontano al terzo millennio, hanno battuto le onde per mestiere o passione, per combattere o commerciare, per fame di gloria o sete di conoscenza, per vincere un'Olimpiade o soltanto per puro diletto".