Ora è sul «Carroccio
del vincitore». Assessore
Sgarbi, ha ancora al collo il
fazzoletto verde che indossava
quando ha invitato a
votare per la Lega?
«Non me la tolgo di certo
quella sciarpa. Io voglio dare
alla Lega quel che le mancava
in cultura. Non è una novità,
il mio maestro parlava di
Padanìa, ho lavorato molto
sugli artisti padani, e del mio
assessorato avevo parlato
con lo stesso Bossi».
Un altro artista padano, in
un certo senso...
«Ho detto infatti che Bossi è
un Caravaggio della politica,
è andato a Roma e l’ha conquistata.
Lui e Berlusconi sono
due artisti del politicamente
scorretto, sono la vera fantasia
al potere, altro che i perfettini
alla Veltroni».
E perché Milano premia il
politicamente scorretto?
«Perché Milano è vitale, è
una capitale anche culturale,
e premia chi fa prevalere
la vita contro la forma. Perfino
Penati ha capito che i milanesi
non vogliono essere rinchiusi,
in questo caso nelle
casette di cui parlava il Pd».
Né i milanesi sembrano
amare i grattacieli di «City
Life» a quanto pare.
«Berlusconi anche in questo
caso ha detto ciò che tutti
pensavano. E i veri fascisti sono
quelli che gli hanno dato
del fascista, pensando che
possano decidere sul futuro
della città in sette od otto persone».
Quindi andrete avanti con
la proposta di referendum
contro le torri?
«La mia idea è di farlo quel
referendum sulle torri, ma
chiedendo ai milanesi se le
vogliono dritte comeil Pirellone
o storte, così troviamo un
compromesso».
È d’accordo con la Lega anche
quando vede nel successo
di domenica «un segnale
alla Moratti»?
«Salvini è intelligente, io non
credo che quella sia la richiesta
di un rimpasto, che peraltro
potrebbe essere anche
una giusta rivendicazione.
Credo che il problema non
sia un assessore in più, semmai
tre-quattro leghisti in posti
chiave del governo da cui
seguire i rapporti dell’esecutivo
con Milano, per esempio
un ministro per l’Expo, o un
sottosegretario agli Esteri o
alla Cultura».
Per fare il federalismo culturale di cui parla?
«Credo cheMilano debba andare sotto l’amministrazione di un istituto centrale per il restauro che non sia quello di Roma ma di Venaria, in Piemonte, ne parlerò con Bossi. Non è separatismo o egoismo culturale, stiamo parlando di professionisti che hanno tutti i requisiti per seguire il patrimonio artistico della città, il cui valore è di livello mondiale».
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