Che rapporto c'è tra felicità e potere? Davvero la felicità è così mal vista? «La fantasia al potere» una volta si diceva. Il dramma del presente è che alla fine la Fantasia al potere ci è andata davvero. La fantasia è bella perché è collegata alla creatività, alla natura, alle farfalle che volano in un mondo colorato.
La fantasia in generale è questo ma poi c'è la fantasia delle persone singole che è tutta un'altra cosa e deriva dal loro vissuto complicato anche dal fatto che l'uomo è intelligente ma anche cattivo.
I singoli che sviluppano fantasie di controllo e si esercitano nella manipolazione nei confronti dei loro simili sono quelli che hanno più in probabilità di altri di raggiungere il potere. Il potere è la manipolazione con la quale un uomo convince gli altri per arrivare a risultati che non può raggiungere da solo.
Nella Storia i momenti di grande politica sono quelli in cui gli uomini grazie a una visione contagiosa convincono il popolo a seguirli verso grandi obiettivi.
Nei momenti di decadenza, il popolo, senza più cultura, viene a stento contenuto dalle élite che non partoriscono più una visione di futuro.
Ma come si può essere felici senza un futuro? E così la felicità diventa il grande nemico del potere di oggi. Chi è felice è libero e può cambiare le cose. Chi è infelice è legato a una catena. Accetta di essere ammaestrato. E basta tormentarlo un po' per indurlo a obbedire agli ordini.
Il potere di oggi è un amante narcisista oscuro che quando le cose vanno bene frusta il popolo perché non si disabitui al tormento. Quando vanno male lo colpevolizza spiegando che la frusta la usa per il suo bene. Poi appena un attimo si placa per un istante di serenità, spesso sotto le festività comandate.
Subito dopo torna adirato a tormentare i sottoposti generando quelle montagne russe emotive tanto care ai narcisisti. Un rapporto sadico e masochista in quanto il potere è un effetto emergente della società che lo esprime.
Il potere che crea infelicità aumenta i consumi, mentre la felicità, che è serenità interiore, li frena perché ci fa comprare solo quello che ci serve.
Ma una società individualista senza limiti morali se non quelli del potere, trova nel consumo l'unica tregua alla depressione. Una cura così inutile da scontentare poveri e ricchi.
Chi non può consumare si sente inadeguato. Chi invece può farlo, come un giocatore di poker, è in grado di andare a vedere il bluff del potere. E, dall'insoddisfazione che gli resta, scopre che il consumo non era la risposta.
La felicità non è un obiettivo da raggiungere col consumo. È il modo di essere dell'uomo che si gode il paesaggio sul treno della vita. Cercatelo nelle storie del passato, quando i nostri nonni ridevano e cantavano spalando il letame.
O nelle famiglie che vivono nel bosco in condizioni inadatte al consumo.Trovate la felicità e tenetela stretta perché qualcuno di sicuro sta studiando per portarvela via. Perché un cuore felice del potere se ne infischia.