Una "regina" del rock non si arrende mai anche quando è ferita

Gli ultimi giorni di un indomito Mercury nel libro del regista Dolezal, amico storico

Una "regina" del rock non si arrende mai anche quando è ferita

«Scusa un attimo, ti lascio in attesa perché mi sta chiamando Bruce Springsteen», non è una cosa che ti capita tutti i giorni di sentirti dire, ma io sono emozionatissimo perché sto parlando da un'ora al telefono con Rudi Dolezal, eccezionale film maker di fama internazionale, che ha lavorato con le più grandi pop star, da Michael Jackson ai Rolling Stones a Frank Zappa, e ha girato quasi tutti i video dei Queen. Ora sta per uscire in tutto il mondo un suo libro, My friend Freddie, dove racconta la sua amicizia con Freddie Mercury, il mio idolo, e non mi sembra vero di parlare con Rudi, che ho visto vicino a Freddie in molti backstage, che conosceva Freddie benissimo. A proposito, si può prenotare il suo libro autografato con dedica con soli 10 dollari su www.myfriendfreddie.com, e ci saranno le story board del libro, racconti personali e video concept inediti.

Mi dice che Freddie era simpatico, divertente, e un grande ascoltatore. Anche Rudi è molto simpatico, e è di buon umore, mi informa, perché farà il documentario per l'introduzione di Whitney Houston nella Rock and Roll Hall of Fame. Ma a me interessa parlare di Freddie, cavolo me ne frega di Whitney Houston. Gli dico che a me non è piaciuta per niente l'interpretazione di Rami Malek, che fa sembrare Freddie un personaggio cupo e arrogante. «Sono stato invitato alla prima mondiale a Londra e sono rimasto perplesso. Il pregio è che la musica dei Queen sarà introdotta a nuove generazioni, ma artisticamente lo critico. Freddie era divertente e solare e non si vede in nessuna scena. E poi potevano usare le musiche originali dei Queen, non ha senso rifarle. E poi all'inizio il personaggio sembra più Mick Jagger che Freddie». Sono assolutamente d'accordo, ma d'altra parte io trovo patetico che i Queen continuino a suonare senza Freddie (a parte John Deacon, l'unico serio, che è sparito da tutto e tutti). Brian May e Roger Taylor ormai li detesto.

Rudi sospira. «Devi considerare che ormai i Queen hanno suonato più tempo senza Freddie che con Freddie. Anche se ovviamente nessuno può arrivare a livello di Freddie». Per me avrebbero fatto meglio a cambiare nome e repertorio se proprio volevano suonare. Ma comunque. Ci concentriamo molto a parlare degli ultimi video, in particolare I'm going slightly mad e These are the days of our life, girati quando Freddie era nella fase terminale dell'AIDS. Nei dietro le quinte che si trovano su Youtube si vede Freddie che dà direttive, e domando quanto fosse creativo in quella fase per lui difficilissima. «Freddie era la principale forza creativa. E tutti pensavano che I'm going slightly mad sarebbe stato l'ultimo video. Ma poi Freddie mi chiamò e disse che non voleva essere ricordato come quel personaggio, anche se per me è un capolavoro, e ci fu l'idea per days of our life». È vero, il personaggio di I'm going slighlty mad è fantastico. «Lo ha ideato Freddie?». «Sì, ci sono tre capitoli del mio libro sulla creazione di questo video. Freddie aveva creato questo personaggio facendo giocare a suo favore le trasformazioni fisiche che stava vivendo a causa della malattia. Dei 32 video che ho diretto per i Queen, questo secondo me è il migliore». Non ho dubbi, è veramente una meravigliosa opera d'arte. Mi viene in mente che nel video di Headlong c'è una scena a cui ripenso da quando ero ragazzo, l'ultima ripresa con i Queen sdraiati su degli scaffali uno sopra l'altro, ma loro cantano «So strong!» e Freddie no, ha la testa reclinata e gli occhi chiusi, come fosse morto. Era voluto. Rudi ride. «No, penso si sia trattato solo di uno scherzo di Freddie. Sai a posteriori si tende a interpretare tutto con il senno del poi». Insomma, non ci aveva pensato neppure Rudi né nessun altro, stai a vedere che Freddie lo ha fatto perché me ne accorgessi io.

«Era difficile lavorare con Freddie?»

«No, mai. È sempre stato molto professionale, ma anche un ottimo regista. Era un artista completo, non solo cantante e musicista. Era anche molto interessato alla fotografia e ai film quindi con Freddie non si discuteva solo di concetti ma anche come sarebbero state le registrazioni e per esempio anche le lenti da usare per le riprese».

Gli domando come si comportasse la troupe con Freddie in quegli ultimi incredibili video. Nessuno, mi dice Rudi, doveva trattare Freddie da malato. Lo sapevano tutti, era evidente da quanto fosse magro, faticava anche a camminare, ma Freddie era lì a girare i suoi video, sapendo che sarebbero stati gli ultimi ma volendo assolutamente farli. Mi viene in mente l'ultima scena dell'ultimo video di Freddie, emaciato, pallidissimo, che dice alla telecamera «I still love you». È una cosa da brividi, e Rudi mi dà un dettaglio in più. «Io sapevo che sarebbero state le ultime riprese della sua vita, mi avevano detto che era molto debole e non ci sarebbe stato tempo di rigirarle. Quella scena era venuta perfetta ma Freddie mi chiese di girarla di nuovo, nonostante le sue condizioni provate, e è questa che ho usato nel video quando alla fine sorride e sussurra I still love you e sparisce dalla ripresa. Quando poi ho fatto l'editing del video, e ormai Freddie era morto, ho capito perché aveva voluto rifare la scena e ho pianto. Perché ho capito che Freddie sapeva perfettamente che quella sarebbe stata l'ultima volta che sarebbe stato di fronte alla telecamera. Quello è stato l'addio di Freddie». L'addio al suo pubblico di un artista immenso che ha voluto essere Freddie Mercury fino in fondo. E qui una lacrima scende anche a me, come ogni volta che guardo quel video.

Alla fine Rudi, che trasmette un entusiasmo incontenibile, mi dice che da questo momento in poi siamo amici, e quando sarà in Italia ci vedremo. Non so se vi rendete conto, sono diventato amico di un grande amico di Freddie, love of my life.

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