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Schumi, Vale e ora Hamilton. La maledizione del 7° titolo

​Le due Red Bull servite sul bancone ai 70mila ferraristi fradici e delusi di Imola hanno inevitabilmente lasciato la gola secca ai molti del popolo rossovestito

Schumi, Vale e ora Hamilton. La maledizione del 7° titolo

Le due Red Bull servite sul bancone ai 70mila ferraristi fradici e delusi di Imola hanno inevitabilmente lasciato la gola secca ai molti del popolo rossovestito. Ma più che del trionfo di Verstappen e del tonfo di Leclerc, la domenica del Santerno è stata il giorno che ha certificato la profondità della crisi di Lewis Hamilton e la dirompente e illogica forza della maledizione del titolo numero 7. A sette mondiali vinti si fermò la cavalcata durata anni di Michael Schumacher, quando proprio a Imola Fernando Alonso iniziò a far capire che cosa avrebbe fatto in quella stagione e in quella dopo: cioè vincere entrambi i mondiali, prepensionando Schumi. A sette mondiali conquistati nella classe regina si fermò Valentino Rossi nel 2009, quando non riuscì più a mettere stabilmente dietro Lorenzo e Stoner e, poi, il ciclone Marquez. Sui sette Tour de France rubati e drogati di Lance Armstrong meglio stendere un velo. Al di là della nascente superstizione sportiva del titolo n° 7, resta la cruda verità andata in pista a Imola con le Mercedes in difficoltà ma quella di Lewis, tredicesimo, di più, e il giovane Russell alla fine quarto. Senza dimenticare che dopo aver vinto il settimo titolo nel 2020, ad Hamilton era stato letteralmente rubato il mondiale del 2021 all'ultimo metro dell'ultimo Gp per colpa di una scellerata e scorretta interpretazione del regolamento.

In qualsiasi altro sport, il risultato della gara di Abu Dhabi e del campionato sarebbe stato invertito e il titolo assegnato all'inglese e non a Verstappen, ma nel nonsport chiamato F1 si possono distorcere le norme tanto, vuoi uno o vuoi l'altro, c'è sempre qualcuno che ha scheletri nell'armadio e non protesterà.

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