Stefano, l’uomo che sfida il grande mare di sabbia

A piedi dall’oasi di Farafra a quella di Siwa trascinando un carretto di 95 chili

Antonio Ruzzo

da Milano

I tuareg che lo chiamano «Rajil Cra» (l’uomo che corre) gli hanno detto di non presentarsi nemmeno con quel carretto che si porterà appresso. Ma Stefano Miglietti da ieri mattina è in marcia. Oltre 500 chilometri nel «grande mare di sabbia» dell’Egitto, uno dei deserti più insidiosi e meno battuti di tutto il Sahara. Dall’oasi di Farafra a quella di Siwa in completa autonomia e con una riserva d’acqua e cibo che gli consentirà di resistere per sette giorni esatti: non un’ora di più. Un’impresa davvero ai limiti, mai provata da nessuno seguendo le tracce di quell’armata di 50mila uomini guidata da Cambise che nel 523 a.c. scomparve inghiottita da una tempesta di sabbia. «Il velo di mistero che avvolge quel percorso mi affascina - spiega Miglietti - so che è un’avventura davvero difficile e mi rendo conto di tutte le difficoltà. Ma non devo dimostrare nulla a nessuno se non a me stesso quindi ci provo. Mi dicono un po’ tutti che trainando un carretto di 95 chili la traversata è praticamente impossibile... vedremo».
Miglietti, 38 anni, imprenditore di Gussago (Brescia) è sposato e ha tre figli di due, nove e dodici anni. Non è nuovo ad imprese estreme: nel 2003 ha percorso 160 chilometri sui ghiacci dell’Alaska nella «Susitna 100» e nello stesso anno è stato il primo uomo ad attraversare da solo il deserto del Murzuq, 380 chilometri e 12mila metri di dislivello percorsi in sei giorni. L’anno scorso ha battuto il record della «Yukon Artic Ultra», 530 chilometri sui ghiacci canadesi. «È da quando sono tornato dal Canada che penso al “grande mare di sabbia” egiziano. Un chiodo fisso ma anche un’esigenza interiore perché in quel posto dove la fatica è estrema e sei solo ad affrontarla hai anche tanto tempo per pensare e soffrire. E così si cresce dentro».
Sarà una corsa contro il tempo e contro le condizioni climatiche visto che da queste parti il termometro oscilla dai 35 gradi del giorno allo zero termico della notte. Sette giorni non uno di più perché tanto consentono le scorte di acqua e di cibo che il «runner» gussaghese porterà con sé. Quarantacinque litri di acqua sul carretto e tre in spalla più cibi liofilizzati, latte condensato, cioccolata e frutta secca. Un «mix» che dovrebbe permettere a Stefano di mandar giù 10mila calorie al giorno e quindi garantirgli forze per poter marciare almeno 22 ore senza soste. Poi un sacco a pelo termico per il breve riposo, le batterie per le apparecchiature gps e gli attrezzi per riparare il carrettino se dovesse mai rompersi. Già il carrettino. «Guarda che non sono un professionista - spiega -. Lavoro e ho famiglia per cui non ho tempo per fare sopralluoghi, esperimenti o altre cose. Anche il carrettino... Non pensare che sia in chissà quale lega leggera. È in normalissimo alluminio ed è stato costruito insieme con un mio amico adattandolo su un paio di ruote di mountain bike. Con il carico è un fagotto di 95 chili». Che verrà trainato grazie ad un’imbragatura allacciata alla vita. Per simulare il traino Miglietti si è allenato seguendo le indicazioni e le tabelle del centro marathon di Brescia ma anche legandosi un grosso copertone di camion e trascinandolo sugli sterrati della Franciacorta e del lago d’Iseo. «Un’ora e mezzo di corsa ogni giorno più un lungo di cento chilometri ogni settimana. Dieci ore di allenamento che ha fatto quasi sempre di notte per non togliere tempo alla mia famiglia. Cosa pensano di questa avventura? Beh i miei figli più grandi sono molto orgogliosi, mia moglie un po’ più rassegnata... si è abituata sa che mi deve lasciare andare». Un’avventura estrema ma comunque con un buon margine di sicurezza. «Certo - spiega “l’uomo che corre” -. Seguirò a grandi linee il percorso dei tuareg.

Con me avrò una apparecchiatura gps “fissata” su due punti intermedi e sul punto di arrivo e un telefono satellitare alimentato con un pannello solare per comunicare con alcune persone a cui darò costantemente le coordinate del mio cammino». Tutto pronto per l’impresa quindi. «Sì tutto pronto, proverò a far cambiare idea ai tuareg. E se non ci riesco... be’, va bene lo stesso».

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