Si resta perplessi di fronte alla situazione del campo nomadi di via Triboniano. Cittadini assediati nelle proprie abitazioni con la paura e l'angoscia generata dall'impossibilità dello Stato di assicurare loro un diritto inalienabile: la sicurezza. Al momento grazie ad una sbalorditiva sentenza del TAR, niente badge, niente controlli in entrata e uscita dai campi. Così cresce la sfiducia dei residenti di via Triboniano nei confronti delle Istituzioni e ricomincia la rincorsa dello Stato alle gestione dell'ordine pubblico. Mentre i Rom celebrano questa vittoria con una «notte bianca», il Prefetto Lombardi annuncia un incremento di presenze da parte delle Forze dell'Ordine e della Polizia Locale. Situazione paradossale che rilancia il tema della sicurezza come diritto inalienabile la cui tutela è compito primario dello Stato. Si vuole interpretarlo esclusivamente quale garanzia rispetto all'intromissione dell'autorità nella libertà individuale e non come diritto del cittadino ad essere protetto dalla criminalità. Il Regolamento sui campi nomadi varato dal Comune di Milano è un ottimo esempio di come pragmatismo, responsabilità e integrazione possano, anzi debbano, procedere affiancati. Un valido connubio tra accoglienza e tolleranza zero. E soprattutto non prescinde da quell'aspetto di devianza che troppo spesso caratterizza la comunità nomade. Mentre le sopraffazioni che gli abitanti del quartiere subiscono quotidianamente rimangono una ferita aperta nella nostra società e il Tar con la sua decisione finisce indirettamente per aggravare la situazione. La sicurezza va considerata un diritto essenziale. Per l'art.
6 della Carta dei Diritti Fondamentali dell'Unione Europea, «ogni cittadino ha diritto alla libertà e alla sicurezza». Porre in conflitto questi due concetti rischia di pregiudicare le stesse basi del vivere civile.*Assessore protezione civile e polizia locale Regione Lombardia
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