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Sinner non si ferma più

Battuto De Minaur a Rotterdam, dove Jannik aveva iniziato da wild card e perso in finale nel 2023. Oggi sarà ufficializzato n° 3 del mondo. Da 23 anni il trionfatore di Melbourne non vinceva il torneo successivo

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Insomma adesso è ufficiale: la missione è compiuta braccia al cielo, dopo il 7-5, 6-4 che certifica ufficialmente il giorno più sognato del tennis italiano. Jannik Sinner è il numero 3 del mondo, anche il computer stamattina segna il sorpasso nei confronti di Medvedev per soli 5 punti, e questo è solo l’inizio. Perché vincere il torneo di Rotterdam, il dodicesimo della carriera, il secondo di un italiano in Olanda dopo Omar Camporese (che nel 1991 battè Ivan Lendl in finale), è l’ennesimo segno di grandezza.
Il seguito della stagione ci racconterà quanto sia grande: nel mirino ora c’è Carlos Alcaraz, 835 punti più avanti e con qualche certezza in meno (a Buenos Aires è stato sconfitto in semifinale dal cileno Jarry). L’appuntamento è a Indian Wells a marzo, che sarà il mese della resa dei conti, visto che lo spagnolo ha un sacco di punti da difendere. Intanto è successo, tutto alla fine di una grande finale nella quale De Minaur - che ora conta 7 sconfitte su 7 contro Jannik - ha risposto colpo su colpo, giocando a volte perfino meglio, cercando di alzare il livello all’altezza dell’amico-rivale: «Ma se qualcuno sa come fare a battere Sinner me lo dica» aveva scherzato il suo allenatore Adolfo Gutierrez, e nessuno evidentemente riesce più a trovare la risposta. Così la differenza, alla fine, l’hanno fatta i particolari, come spiega coach Simone Vagnozzi, che si è immolato come sparring partner nell’ultimo allenamento prima del match: «L’obbiettivo due anni fa era renderlo in giocatore migliore: ci voleva tempo. Quella di fare la differenza sotto pressione e nei punti importanti è sempre stata la caratteristica dei grandi giocatori, e lui in questo è cresciuto».
Il risultato è che un anno fa a Rotterdam Sinner perse in finale contro Medvedev, oggi toglie al russo la poltrona nel ranking. E a questo si aggiunge che era dal 2001, da Marat Safin insomma, che un giocatore non riusciva a vincere il primo torneo dopo aver trionfato agli Australian Open. Numeri, perché anche la matematica del tennis promuove Jannik, che festeggia il nuovo successo con la solita flemma: «Questo trofeo vuol dire tanto per me, perché significa che dalla sconfitta di un anno fa ho imparato molto, e perché qui mi hanno accettato a 18 anni con una wild card e ci tenevo. Ho faticato, ma non sempre si può fare tutto in modo perfetto: l’importante è avere la testa giusta e io ora sento di averla. Il segreto? Le partite si vincono con il lavoro che voi non vedete, ma che per me conta all’80-90%. È questo che mi rende un giocatore più forte, e la cosa più importante è condividere tutto con il mio team: miglioreremo ancora, lo faremo insieme». Più che una minaccia è una constatazione, sulla quale è d’accordo pure De Minaur: «Alla fine gli ho chiesto se aveva intenzione di perdere una partita quest’anno, ma non sono sicuro che lo faccia».

Stava scherzando, ma mica tanto.

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