È arrivata l'una di notte del 13 novembre 2015. Le forze speciali della polizia francese sono riuscite ad entrare nel Bataclan. I terroristi islamici responsabili della strage nella sala concerti, - Omar Ismail Mostefai, Samy Amimour e Foued Mohamed-Aggad - sono stati uccisi. Oltre a loro, quella notte sono morti anche gli attentatori suicidi che si sono fatti saltare nelle vicinanze dello Stade de France, così come Brahim Abdeslam, parte dello squadrone della morte che ha attaccato i locali nel 10imo e 11esimo arrondissement. Ma il fratello di quest'ultimo, Salah, e altri due autori materiali delle stragi, Chakib Akrouh e Abdelhamid Abaaoud, sono ancora in libertà.
E visti i legami del commando con l'Isis e la provenienza di parte dei terroristi dal Belgio, gli investigatori francesi hanno immediatamente sospettato l'esistenza di una rete molto più ampia, anche al di fuori dei confini nazionali. Le indagini andranno avanti per mesi con il coinvolgimento delle autorità belghe e, nel settembre 2021, porteranno ben 20 persone nel tribunale di Parigi, in quello che è stato il processo più grande della storia moderna del Paese.
Il raid a Saint-Denise
All'indomani degli attentati, la polizia d'Oltralpe ha condotto centinaia di perquisizioni in tutto il territorio nazionale. Il 15, due giorni dopo gli attacchi, è stata ritrovata a Montreuil la Seat nera utilizzata dal terzetto che ha aperto il fuoco sui clienti dei locali parigini. All'interno, gli agenti hanno rinvenuto diverse armi, tra cui un AK-47 con le impronte di Abdelhamid Abaaoud, considerato il capo della cellula terroristica e con legami molto estesi nel quartiere di Molenbeek-Saint-Jean, comune belga situato nella regione di Bruxelles e ritenuto un hotspot per la diffusione dell'ideologia jihadista.

Il 18 novembre, l'unità d'élite dell'antiterrorismo francese GIGN ha condotto un raid in un appartamento di Saint-Denise, città alle porte di Parigi, dove avevano trovato rifugio Abaaoud e Chakib Akrouh. I due erano stati condotti lì dalla cugina del primo, Hasna Aitboulahcen, il cui telefono era sotto controllo dal 13 novembre e che aveva affittato l'immobile da Jawad Bendaoud, ritenuto estraneo ai fatti.
Lo scontro a fuoco nell'edificio è stato molto duro, con oltre 5mila proiettili sparati e la struttura parzialmente demolita dalle granate degli agenti e dalle cinture esplosive dei terroristi. Dopo sette ore, l'operazione è stata dichiarata conclusa e, tra le macerie, il GIGN ha recuperato i resti dei due fuggitivi e di Hasna, oltre ai piani per un altro attentato al distretto finanziario La Défense di Parigi.
La fuga e la cattura di Salah Abdeslam
Avrebbe dovuto farsi saltare in aria anche lui, ma alla fine ha deciso di gettare la sua cintura esplosiva in un cestino dell'immondizia e di fuggire in Belgio. Dopo il raid a Saint-Denise, Salah Abdeslam è l'ultimo tra coloro che hanno partecipato agli attacchi di Parigi ad essere ancora in libertà. Secondo gli investigatori francesi, ha portato in auto i tre terroristi incaricati di colpire lo Stade de France, e avrebbe dovuto compiere un attentato poco più a sud, nel 18esimo arrondissement. Ha anche affittato una Volkswagen Polo ritrovata vicino al Bataclan. Poche ore dopo le stragi di Parigi, il 26enne è stato fermato al confine con il Belgio mentre si trovava a bordo di una Golf con altri due uomini. Dopo un controllo, gli agenti lo hanno lasciato passare. Con tutta probabilità, non erano stato ancora collegato a quanto era appena accaduto.

Il 10 novembre, le autorità di Bruxelles hanno rinvenuto le sue impronte, tracce di materiali per fabbricare esplosivi e tre cinture simili a quelle usate dagli attentatori suicidi nel quartiere di Schaerbeek. Il 15 marzo 2016, è stato condotto un raid in un edificio a Forest, sobborgo meridionale della capitale, dove si è verificato uno scontro a fuoco conclusosi con il ferimento di quattro agenti e la morte di un algerino legato all'Isis. Durante la sparatoria, due persone sono riuscite a fuggire. Le impronte di Salah Abdeslam vengono ritrovate anche qui e, tre giorni dopo, viene finalmente arrestato a Molenbeek, dopo quattro mesi di fuga.
Gli altri arresti tra Belgio, Marocco e Turchia
Nel corso dei mesi successivi agli attentati di Parigi, le autorità europee - e non solo - hanno portato avanti senza sosta le ricerche di tutte le persone collegate al commando islamico. In Belgio sono stati arrestati il 27 Mohammed Amri e il 21enne Hamza Attouh, i due uomini che hanno recuperato Abdeslam dopo le stragi e lo hanno riportato a Bruxelles. Il 39enne Abraimi Lazez, anch'egli sospettato di aver aiutato Salah nella sua fuga dalla Francia, è stato fermato a Laeken. Mohamed Abrini, finito in manette perché complice degli autori degli attentati del 22 marzo 2016, era ricercato anche in connessione alle stragi del 13 novembre 2015.
Il 26enne con passaporto belga Ahmad Dahmani, è stato fermato in Turchia dopo il suo arrivo ad Antalaya. Secondo gli investigatori, ha partecipato alla preparazione degli attacchi nella capitale francese. In Marocco, le autorità locali hanno arrestato Gelel Attar, un altro cittadino della nazione europea che aveva legami diretti con Abdelhamid Abaaoud e Chakib Akrouh. Con quest'ultimo, si era recato in Siria nel 2013.
Il processo "più grande" della Francia moderna
L'8 settembre 2021, dopo quasi sei anni e diversi rinvii a causa del Covid, è iniziato il maxi processo per gli attentati di Parigi, soprannominato V13. Dei 20 chiamati sul banco degli imputati presso la Corte d'assise speciale del tribunale di Parigi, erano presenti in 14. Gli altri sono stati dati per morti in Medio Oriente, dove infuriava il conflitto contro lo Stato islamico. Nell'aula bunker allestita per l'occasione nel Palazzo di giustizia dell'Île de la Cité, e che sarà utilizzata anche per l'attentato di Nizza del luglio 2016, sono stati ascoltati quasi 1.800 testimoni come parte civile, tra cui l'ex presidente della Repubblica François Hollande, e sono state prese in considerazione oltre un milione di pagine di prove.
Nel corso dei mesi, la "star" del procedimento, Salah Abdeslam, l'unico tra i presenti ad aver fatto parte del commando, ha cambiato radicalmente il suo atteggiamento. All'inizio, si è detto fiero dell'essere un guerriero dello Stato islamico e si è avvalso della facoltà di non rispondere. Il 9 febbraio 2022 ha rotto per la prima volta il silenzio, ribadendo di non aver causato alcuna vittima nella notte del 13 novembre 2015, ribadendo comunque il suo sostegno all'Isis. E il 12 aprile, ha affermato di non aver fatto detonare la sua cintura esplosiva in un bar nel 18esimo arrondissement "per umanità". Ha anche pianto e chiesto scusa ai familiari delle vittime. Ma ciò non è certamente bastato a salvarlo.

Il 29 giugno 2022, dopo 148 giorni, 19 dei 20 imputati sono stati riconosciuti colpevoli di tutte le accuse. Adbeslam è stato condannato al carcere a vita senza possibilità di condizionale, mentre agli altri, che hanno collaborato all'organizzazione degli attacchi, sono stati inflitte pene che variano dai due anni all'ergastolo. Sulla carta, un trionfo per la giustizia francese e la chiusura definitiva di uno degli eventi che più ha segnato il Paese.
Ma il dolore di coloro che hanno perso una persona cara nelle stragi, o che le hanno vissute direttamente sulla propria pelle, non può essere lavato via da una sentenza e, ancora oggi, certe ferite non sono ancora guarite. E forse non lo faranno mai.