
La povertà abitativa non inizia quando si perde una casa, ma quando si perde la libertà di viverla come un luogo sicuro. Quando la propria abitazione, da spazio intimo e protetto, diventa teatro della violenza, molte donne restano intrappolate in un circolo vizioso che le costringe al silenzio. Se denunciare è già difficile, farlo sapendo di non avere un luogo dove rifugiarsi lo è ancora di più. Secondo una ricerca di Women's Aid, il 68,4% delle donne vittime di violenza domestica non lascia il proprio aggressore per il timore di non disporre di un alloggio sicuro. La povertà abitativa e la violenza economica sono fenomeni profondamente connessi: la mancanza di risorse economiche rende difficile trovare o mantenere un'abitazione sicura, esponendo molte donne al rischio di dipendenza e ricatto. Spesso questa fragilità materiale spinge le vittime a restare in relazioni pericolose e a mettere a rischio la propria incolumità e quella dei figli.
Restare senza casa fa paura. Ecco perché, in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della povertà, la "Fondazione Asilo Mariuccia" onlus attiva dal 1902 nel sostegno a donne e minori vittime di violenza e il "Centro Antiviolenza Ersilia Bronzini" richiamano l'attenzione su questa emergenza mettendo a disposizione: accoglienza protetta nelle proprie case rifugio a indirizzo segreto, oltre che servizi di tutela legale, supporto psicologico e opportunità di reinserimento sociale ed economico; il tutto in stretta collaborazione con istituzioni e realtà territoriali.
A sottolinearlo è Sofia Leda Salati, direttrice del Centro Antiviolenza Ersilia Bronzini: "Il fatto che quasi 7 donne su 10 non riescano a lasciare il proprio abuser, quando si tratta del marito o del convivente, ci ricorda una verità scomoda: la violenza domestica è anche una questione abitativa. Troppe donne non riescono a sottrarsi a situazioni di abuso perché non hanno un luogo sicuro in cui ricominciare spiega Salati Motivo per cui, garantire il diritto a una casa significa garantire il diritto alla libertà.
È quindi fondamentale intervenire non solo sull'accoglienza, ma anche sulla ricostruzione dell'autonomia, attraverso percorsi di protezione, inclusione e indipendenza economica. Non a caso ogni percorso di uscita dalla violenza è un lavoro di rete".