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Usa, si ritira l'altro mormone: l'ex ambasciatore Huntsman Sabato voto in South Carolina

Prosegue la corsa delle primarie repubblicane per scegliere lo sfidante di Obama. L'ex governatore dello Utah e ambasciatore in Cina si ritira e appoggia Romney

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Le primarie americane perdono un altro pezzo. Jon Huntsman, ex governatore dello Utah ed ex ambasciatore in Cina, si ritira dalla corsa. Nell'anunciarlo ha detto: in queste elezioni, "le più importanti della nostra vita", è ora che "il nostro partito sia unito" dietro al candidato "che ha le migliori possibilità di sconfiggere (il presidente) Barack Obama" il prossimo novembre. E quel candidato, "nonostante le nostre differenze e lo spazio tra noi in alcune questioni", ha subito chiarito, "è il governatore Mitt Romney". Ora cosa accadrà? Molti analisti sostengono che il passo indietro di Huntsman darà solo un piccolo aiutino alla corsa di Romney, che è già il superfavorito e che in South Carolina è accreditato, dai sondaggi, del 32%, contro il 23% del suo diretto inseguitore, l'ex speaker della camera Newt Gingrich.

Huntsman era arrivato terzo in New Hampshire (in Iowa era arrivato ultimo ma non aveva neanche fatto campagna elettorale), pur spendendo molte risorse. Subito dopo aveva ammesso di aspettarsi un risultato "molto basso" nelle primarie previste per sabato in South Carolina. Nei sondaggi nazionali è in fondo alla "classifica", con l'1-2% delle preferenze. Il paradosso è che la rinuncia di Huntsman arriva poche ore dopo il sostegno tributatogli al quotidiano "The State", uno dei più importanti dello Stato. "Il governatore e la sua famiglia a questo punto della corsa alla nomination hanno deciso che per i repubblicani è venuto il momento di fare quadrato intorno a un candidato in grado di sconfiggere Obama, e di dare una svolta all’economia", ha spiegato Matt David, responsabile della campagna elettorale di Huntsman. "Quel candidato", ha sottolineato, "è Romney". Difficile, in caso di vittoria, che Romney possa offrirgli il posto di candidato vice presidente. Soprattutto per una ragione: sono entrambi mormoni. Però Hunstsman, vista l'esperienza maturata, di sicuro troverebbe un posto di peso nello staff dell'ex governatore del Massachusetts se questi dovesse entrare alla Casa Bianca.

Troppo moderato per piacere

Per molti repubblicani Huntsman era troppo moderato per sperare di spuntarla sui suoi avversari. Colto e raffinato, oltre che moderato e straricco (come del resto Romney), le chance di vittoria di Huntsman sono sempre state poche, anzi pochissime. I giornali lo corteggiavano, la base del partito, invece, ha sempre storto la bocca criticando la sua "vicinanza" a Obama. Molti lo criticarono per il discorso che fece quando annunciò la propria candidatura, nel giugno 2011, con un discorso ai piedi della Statua della Libertà: "Il presidente Obama e io abbiamo divergenze di opinione su come aiutare un Paese che entrambi amiamo. Però - aveva puntualizzato - la questione alla quale sia lui sia io vogliamo rispondano gli elettori è chi sarà il presidente migliore, e non chi sarà il migliore americano". Gli ambienti più a destra del Gop si scatenarono contro di lui. Huntsman reagì prendendo di mira un simbolo della destra conservatrice, l'italoamericano Rick Santorum: "Io credo nell’evoluzionismo"... (in antitesi al creazionismo, ndr). E poi: "Mi fido degli scienziati a proposito del surriscaldamento globale" (altro tema inviso a buona parte della destra, ndr). A ottobre disse: "Non mi darò fuoco ai capelli, per stare nel Partito Repubblicano di essere pazzi non c’è bisogno".

Florida, Romney è in testa

Romney è in testa anche in Florida, chiamata al voto subito dopo il South Carolina. Secondo un sondaggio dell'American Research Group condotto fra il 13 e il 15 gennaio, Romney conduce con il 42% dei consensi. Gingrich è secondo con il 25%. L'ex senatore della Pennsylvania, Rick Santorum, è terzo con il 9% seguito a breve distanza da Ron Paul con l'8%.

Obama in chiesa per Luther King

Intanto il presidente la sua famiglia sono andati a messa alla Zion Baptist Church di Washington, una delle chiese con una maggioranza di fedeli afroamericani, alla vigilia del giorno in cui si celebra Martin Luther King, il leader del movimento per i diritti civili assassinato nel 1968. La visita di Obama alla chiesa guidata dal pastore Keith Byrd ha riacceso le speranze nella comunità afroamericana che alla fine Obama scelga una sua parrocchia, cosa che da quando si è insediato alla Casa Bianca non ha fatto.

In questi tre anni sono state sei le chiese afroamericane visitate dalla famiglia Obama che però finora non è entrato a far parte formalmente in nessuna di loro. Che stia per arrivare, con l'avvicinarsi delle elezioni, la scelta della parrocchia da parte del presidente?

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