"Francesco parlava coi lupi. Ora un Leone li caccerà". Spunta un retroscena dopo il Conclave

L'arcivescovo di Belgrado, Ladislav Nemet, racconta le motivazioni fornite dallo stesso Prevost durante una cena che ha seguito il Conclave terminato ieri con la fumata bianca

"Francesco parlava coi lupi. Ora un Leone li caccerà". Spunta un retroscena dopo il Conclave
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Come mai il Cardinale Robert Francis Prevost ha scelto di chiamarsi Leone XIV una volta eletto nuovo Papa nel tardo pomeriggio di ieri? A svelare il motivo sul nome del pontefice della Rerum Novarum è Ladislav Nemet, arcivescovo di Belgrado, che ha raccontato di essere stato uno dei pochissimi fortunati (per non dire addirittura l'unico) a sapere poco dopo il Conclave, in occasione di una recente cena, il perché di tale denominazione da parte dell'ex missionario agostiniano in Perù dopo avere superato il quorum degli 89 voti utili per farlo assurgere a nuovo Vescovo di Roma: evento che si è verificato con la fumata bianca di giovedì 8 maggio che ha allontanato dal soglio di Pietro i favoriti Pietro Parolin e il filippino Luis Antonio Gokim Tagle, tra gli altri.

Parlando ai microfoni di Hrt, la Radio Televisione Croata, il prelato serbo ha dichiarato alla giornalista Angela Jelicic Krajcar: "Il suo nome è il suo programma. Io ho avuto l’onore di stare a tavola con lui, con altri cinque cardinali – racconta Nemet –. Abbiamo parlato, e gli abbiamo chiesto come ha scelto il nome". L'arcivescovo sottolinea come sia stato molto interessante assistere al ragionamento che c'era dietro la scelta di Prevost: "Ha detto che vuole dare più attenzione alle questioni di ordine sociale nel mondo, come alle questioni di giustizia. Ha detto anche che siamo dentro una nuova rivoluzione - prosegue -. Ai tempi di Leone XIII era in corso una rivoluzione industriale, adesso è in corso la rivoluzione digitale". Insomma: una motivazione legata a una precisa combinazione di elementi storici attuali.

Da quello, quindi, che si può intuire dalle parole di Ladislav Nemet, Leone XIV ritiene alquanto centrale il tema del lavoro e della giustizia sociale, così come quello della pace. "Oggi, come ai tempi di Leone XIII, c'è il problema dei posti di lavoro - ha continuato l'arcivescovo di Belgrado – perché la digitalizzazione porta ad una diminuzione di mano d’opera necessarie per il lavoro". E poi sussisterebbe un ulteriore fatto storico: "Leone XIII, quando era giovane, veniva spesso in una parrocchia guidata da padri agostiniani a Roma".

Senza poi dimenticare che era stato lo stesso Vincenzo Gioacchino Raffaele Luigi Pecci a firmare un'enciclica - la "Quam Aerumnosa", del 1888 - che affrontava il problema della emigrazione italiana negli Stati Uniti, il Paese di origine di Prevost. Nemet conclude con una battuta: "Noi cardinali, scherzando, abbiamo trovato un'altra spiegazione. Finora c'era Francesco che parlava coi lupi. Adesso abbiamo un Leone, che caccerà i lupi".

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