A Roma il genio di Calder e i capolavori dell’arte giordana, a Milano il divisionismo di Longoni e la'rte erotica giapponese sono le mostre di maggior interesse che si aprono in questo week end.
Roma - La stupefacente eleganza dei Mobile, l’imponente staticità degli Stabile, l’energia poderosa del filo di ferro delle prime opere figurative: il genio di Alexander Calder torna in Italia dopo 26 anni per la grande mostra allestita da domani a Palazzo delle Esposizioni. Presentati circa 150 capolavori, provenienti dai maggiori musei internazionali e dalla Fondazione Calder di New York, attraverso i quali è stato ricomposto l’affascinante percorso creativo dell’artista americano, tra i giganti del ’900. Una rassegna senza precedenti questa prima volta di Calder nella capitale, ideata in una sede espositiva che si sposa alla perfezione con la sua cifra inimitabile e il peso storico delle sue opere. Il bellissimo allestimento fin dalla sala iniziale consente un colpo d’occhio straordinario sulla poetica dell’artista, alternando a storici Mobile (fu Duchamp a dare questo nome) le maquette dei giganteschi Stabile, che abbelliscono le città di mezzo mondo. Ai lati scorrono le sezioni, in cui si ripercorre la lunga sperimentazione di Calder, che parte proprio dagli inizi figurativi, negli anni venti, testimoniati dai dipinti, ma soprattutto da opere come Romulus and Remus (del Guggenheim di New York), Hercules and Lion e una meravigliosa scena del Circo. Ma non mancano le suggestioni surrealiste di lavori come Gibraltar e Tightrope, mentre tra le opere di maggior richiamo, capolavori assoluti dello «scultore dell’aria», figurano Untitled del ’33, uno dei primi esemplari di Mobile, 13 Spines del ’40, Roxbury Flurry del’46, Le 31 Janvier del 1950.
Roma Si intitola Giordania: crocevia di popoli e di culture, la mostra allestita al Palazzo del Quirinale in occasione della visita di Stato del Re e della Regina di Giordania Abdallah II e Rania Al-Abdallah. L’importante esposizione raccoglie nelle Sale delle Bandiere 60 capolavori risalenti alle varie fasi della storia della Giordania, dal lontano Neolitico fino ai tempi dell’Impero ottomano. Alcuni reperti escono per la prima volta dai musei di Petra e Amman e raccontano l’eccezionale ricchezza di una civiltà che ha attraversato oltre dieci millenni di storia. Il territorio dell’attuale Giordania è stato infatti un costante trait d’union tra l’Oriente mesopotamico, la valle del Nilo e il Mediterraneo. Dall’VIII millennio a.C. all’Età del Bronzo, fino al periodo delle grandi conquiste, tanti popoli sono stati attratti dalla Giordania e ognuno ha lasciato impronta evidente negli strati archeologici e nella cultura del paese.
Milano È dedicata a uno dei principali esponenti della corrente pittorica del Divisionismo, Emilio Longoni, la mostra allestita fino al 31 gennaio alla Galleria d’Arte Moderna. Il pittore milanese si era formato all’Accademia di Brera ed era stato tra i primi ad aderire al Divisionismo ed alle sue tematiche sociali, tanto da essere denunciato per «istigazione all’odio di classe». La rassegna presenta 15 tele della collezione della Banca di Credito Cooperativo di Barlassina (città natale dell’artista), più altre otto della Galleria d’Arte moderna. esposta anche una delle sue più note opere di protesta sociale, L’oratore dello sciopero, eseguito per la prima Triennale di Milano nel 1891. Presentati infine anche i dipinti di paesaggio, cui Longoni si dedicò nel suo ultimo periodo.
Milano «Shunga. Arte ed Eros nel Giappone del periodo Edo» è invece la mostra in programma a Palazzo Reale (che ospita anche la splendida mostra di Hopper) fino al 31 gennaio 2010. Dopo il grande successo della mostra «Samurai», Palazzo Reale e la Fondazione Antonio Mazzotta affrontano nuovamente un’epoca d’oro della storia giapponese, il periodo Edo (1603-1867), presentando la più grande esposizione mai realizzata di stampe giapponesi di soggetto erotico, gli Shunga, assieme a una selezione di preziosi kimono e una altrettanto significativa scelta di antiche pitture anch’esse di soggetto erotico. Come già avviene per la mostra che Palazzo Reale dedica a Edward Hopper, sia il giovedì che il sabato l’esposizione degli Shunga sarà aperta al pubblico sino alle 22.30. La mostra, promossa dall’Assessorato alla Cultura del Comune, è il risultato di un lungo lavoro condotto dal Museo delle Culture di Lugano, che ha ideato l’esposizione e coordinato la ricerca scientifica. La sua realizzazione è il frutto della collaborazione tra il capoluogo lombardo e la città svizzera, dove la mostra si sposterà nell’autunno del 2010 e rientra nel programma «Milano-Mondo», che mira a evidenziare le dimensioni internazionali della città e ad elaborare nuove proposte per la sua crescita nel panorama artistico globale in previsione di Expo 2015. Gli Shunga, termine giapponese che letteralmente significa «immagini della primavera», sono opere a soggetto erotico considerate tra le più significative espressioni della corrente artistica dell’ukiyo-e. Create con la tecnica della stampa xilografica (dal 1791 anche policroma), esse raggiunsero la loro massima fioritura nel periodo dello shogunato dei Tokugawa, tra il 1603 e il 1867. Gli Shunga esprimono i valori del nuovo ceto borghese delle grandi città - composto da mercanti, artigiani e artisti, escluso dal potere politico, ma economicamente fiorente - con il quale si affermò in quegli anni una concezione edonistica dell’esistenza, in contrasto con la rigida morale neoconfuciana, sostenuta dalla classe guerriera dei Samurai che reggeva il governo centrale del Giappone. Questi cittadini offrivano un esempio di vita raffinata, ostentando il lusso, organizzando feste, frequentando i teatri e le case di piacere: così il termine ukiyo-e, che designava l’arte ispirata a tale genere di vita, diventa sinonimo di «moderno», alla moda, esprimendo una sorta di filosofia incentrata sul gusto di un’esistenza piacevole e, per quanto possibile, appagante dei desideri personali. Superando i divieti e gli ostacoli del potere politico, gli Shunga si affermarono come componente fondamentale della produzione dei più importanti artisti del tempo come Harunobu, Koryusai, Kiyonaga, Utamaro e Hokusai. Furono molto apprezzati sia come stampe a se stanti, pubblicate generalmente in album di 12 fogli e destinate a un pubblico di amatori d’arte, sia come illustrazioni per libri erotici fruiti soprattutto attraverso le librerie ambulanti a prestito. I libri Shunga inoltre erano destinati all’educazione delle cortigiane e delle fanciulle che andavano spose, come utile vademecum per l’avviamento alla vita sessuale, oppure inseriti nei bauli dei guerrieri, per il loro potere di preservare dalla distruzione e di condurre alla vittoria. Gli Shunga furono espressione di un’ideologia che fece da contraltare visivo a una produzione letteraria piena di sensualità che si affermò con i cosiddetti «romanzi del mondo fluttuante», opere di scrittori come Ihara Saikaku e Ejima Kiseki. Collezionate segretamente in Europa a partire dalla seconda metà dell’Ottocento, dopo che il Giappone fu costretto ad aprire le sue isole alle navi straniere e agli scambi commerciali col mondo occidentale, esse furono motivo di ispirazione diretta di letterati e artisti della levatura di Zola, di Van Gogh, di Toulouse-Lautrec e di Klimt, e influirono in modo significativo sulla riflessione artistica nell’ambito dell’Orientalismo della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo.
Considerati per molto tempo immagini di carattere pornografico, nonostante il loro altissimo valore artistico, gli Shunga sono stati da più di venti anni rivalutati sia come espressione «alta» della cultura giapponese e specchio raffinato dei costumi del loro tempo, sia come uno dei vertici assoluti dell’espressione dell’eros nell’arte.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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