Lo zar Vladimir elogia Katsav «che ha stuprato dieci donne»

«Noi tutti siamo invidiosi del capo dello Stato ebraico»

Una battuttaccia. Poco opportuna se riferita a donne stuprate; sconcertante se a pronunciarla è Vladimir Putin, il presidente della Russia, tradito da un microfono dimenticato aperto. Era già accaduto, a San Pietroburgo, lo scorso luglio durante il vertice del G8, Allora il mondo sorrise scoprendo il servilismo di Blair nei confronti di Bush. Ma questa volta la gaffe è pesante.
La scena si svolge mercoledì, nei maestosi saloni del Cremlino; Putin e il premier israeliano Ehud Olmert hanno appena conclusa la conferenza stampa. I giornalisti si allontanano e, pensando di essere inascoltati, i due leader si soffermano sul tema che da giorni ipnotizza i media dello Stato ebraico: le accuse al presidente Moshe Katsav, sospettato di avere violentato una decina di ex collaboratrici. Non sanno che il registratore di un cronista del quotidiano Kommersant è ancora acceso.
«Mi saluti il suo presidente», debutta Putin, compiaciuto. «Abbiamo scoperto che è piuttosto vigoroso!» Poi continua: «Ha stuprato dieci donne, non me l’aspettavo da lui». Il finale è da caserma dell’Armata rossa. Anzi, del Kgb: «Siamo colpiti e noi tutti lo invidiamo!». Lo scambio finisce sulle prime pagine dei giornali russi. Per 24 ore il Cremlino fa spallucce, ma quando la notizia viene ripresa dai media internazionali è costretto a precisare. «Non si può considerare in alcun modo un'approvazione implicita dello stupro o un apprezzamento di un tale atto potenziale» spiega il viceportavoce, Dmitri Peskov. «Le traduzioni non rendono il contesto». Insomma «era solo uno scherzo».
Già. Putin, peraltro, in passato si era dimostrato assai disinvolto in tema di sessualità. Durante un dialogo con i navigatori di Internet, alla domanda su quando avesse fatto all’amore la prima volta, aveva risposto: «Non me lo rammento, ma ricordo molto bene l’ultima e posso riferirvela al minuto preciso». E quando Berlusconi aveva scherzato sulla sua astinenza in campagna elettorale, Vladimir lo aveva chiamato per chiedergli se la notizia rispondesse al vero, confessando di essere incapace di imitarlo. O almeno questo è ciò che scrisse la stampa russa, imbeccata dagli spin doctor presidenziali.
La gaffe di Putin non è rimasta isolata, perché poco dopo è arrivata quella di Olmert. Questa volta i microfoni non c’entrano. E nemmeno il sesso. È la pronuncia a tradire il premier ebraico, che nel commentare favorevolmente l’andamento dei colloqui politici, ha invertito due lettere del cognome del padfone di casa. Putin è diventato «Plutin». Nulla di male, se non che in russo significa truffatore.

Per qualche istante Olmert non si è reso conto del lapsus. Solo quando ha avvertito l’ilarità dei giornalisti moscoviti, ha chiesto lumi all’interprete che, con un certo disagio, glielo ha spiegato. Una giornataccia; non solo per lui.

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