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Gli intolleranti del Gay Pride

Ecco tutte le volte che sono state zittite e censurate persone (anche molto vicine alla comunità Lgbt) che hanno "osato" criticare le istanze degli omosessuali

Gli intolleranti del Gay Pride

Quanto si sentono liberi e democratici gli organizzatori e i partecipanti al Gay Pride. E quanto, soprattutto, dimostrano regolarmente questo loro immenso liberalismo: soprattutto nei confronti di coloro che non la pensano esattamente come loro. Appena infatti qualcuno esprime un'opinione che sia o diametralmente opposto oppure che si discosti anche di poco dalla linea dettata dalla comunità Lgbt, ecco che parte immediatamente la censura e la condanna politica nei confronti dei "dissidenti". Il leit motiv è sempre quello: o ti dichiari apertamente a favore del matrimonio gay, dell'adozione dei figli da parte delle coppie omosessuali, del ddl Zan, dell'utero in affitto oppure non meriti cittadinanza. E non importa nemmeno se sei un gay dichiarato: con quelle tue "pericolosissime" idee, non potrai mai partecipare a un Pride.

Arisa, l'ultima vittima dei talebani del Gay Pride

È sostanzialmente la storia degli ultimi anni. E di certo quello che è accaduto recentemente ad Arisa è parecchio significativo da questo punto di vista. La cantante si era macchiata di un "reato gravissimo": aveva addirittura utilizzato qualche parola di apprezzamento nei confronti di Giorgia Meloni. Ma come si è potuta minimamente permettere? Proprio lei, che era stata incoronata regina del Gay Pride 2022. Niente da fare per certi talebani della comunità Lgbt che hanno inondato i profili social dell'artista con insulti, offese e minacce; tanto da costringere Arisa a ritirare la propria partecipazione alla kermesse di quest'anno a Milano e Roma. Una vera e propria epurazione in grande stile, trasformata in vittimismo secondo Vladimir Luxuria.

Tuttavia l'intolleranza la fa da padrona tra gli omosessuali integralisti che, per quanto siano una minoranza rispetto alla vasta comunità Lgbt, sono parecchio rumorosi. Lo dimostra l'iniziativa recente di militanti ed attivisti di sinistra durante il "Festival della Parola" di Chiavari: prima hanno "suggerito" agli organizzatori di cancellare dal programma l'evento specifico che prevedeva la presenza dell'ex-senatore Simone Pillon, poi hanno tentato direttamente di impedire all'esponente della Lega di parlare, continuando a insultare lui e i partecipanti all'incontro per diversi minuti. In pieno stile contestazioni anti-Roccella. Stessa cosa per quanto riguarda Mario Adinolfi, che è dovuto addirittura arrivare a Jesi scortato dalle forze dell'ordine per potere presentare il proprio libro contro l'aborto.

Comunità Lgbt in tilt pur di andare contro la polizia

Ma, per l'appunto, è soprattutto contro chi dovrebbe essere sullo stesso fronte che la comunità Lgbt se la prende in maniera più prepotente; creando cortocircuiti allucinanti. Lo scorso anno furono esilaranti le motivazioni con le quali a Bologna tentarono di lasciare fuori dalla manifestazione l'associazione Lgbtq "Polis Aperta", che rappresenta alcuni lavoratori delle forze armate e di polizia: "La nostra è una presa di posizione di critica aperta alle forze dell’ordine come istituzione e come luogo di riproduzione di violenza sessista, omolesbobitransfobica, abilista e razzista", si leggeva sul profilo Facebook del collettivo "Rivolta pride". Lo sottolineava giusto pochi anni fa Platinette, contraria alle unioni civili e alla maternità surrogata: "Se dissenti sul Gay pride non hai cittadinanza. Eppure le conquiste sono state fatte, ci si può un po' prendere in giro. Volevo affittare una decappottabile per sfilare come Lana Turner. Mi hanno detto di no perché l'auto inquina".

Del resto se era partita una campagna di boicottaggio Dolce & Gabbana perché avevano dichiarato pubblicamente di non credere alle famiglie omosessuali, non parliamo quindi di tutte quelle realtà che nel corso del tempo sono state viste come il nemico assoluto degli omosessuali. Nel 2019 gruppo Lgbt, che si è identificato con la sigla "Riscossa Arcobaleno", aveva attaccato don Davide Imeneo, portavoce dell'Arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova che si era opposto a un Gay Pride reggino ("Tua madre doveva abortirti, ti abortiremo noi prete di m...", era il messaggio). Dello stesso anno è la maglietta rosa che indossava un attivista Lgbt con scritto: "Salvini muori, Salvini crepa, Salvini Bastardo, Salvini infame…appeso a testa in giù a piazzale Loreto".

La tolleranza è un optional

Nel 2016 su un carro comparve la scritta: "Boicottiamo il turismo in Israele. Rifiutiamo colonialismo e apartheid". Un invito che ignora quelle che sono le condizioni di vita delle persone Glbt in Israele (moltissime, palestinesi, trovano rifugio proprio in questo Paese, dopo essere state perseguitate per il loro orientamento sessuale). Sullo stesso tir, inoltre, era stato attaccato anche un altro cartello contro le forze dell'ordine ("tutto il mondo detesta la polizia"). Due anni prima fu l'occasione per un manifestante essere immortalato da dietro completamente nudo e dove appariva scritto sulla schiena "Sentinelle in c…", con tanto di freccia rivolta verso il basso, per deridere il movimento delle Sentinelle in piedi.

E poi c'è qualcuno che ha anche il coraggio di gridare alla censura.

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