Avamposto, morti che camminano Vite pericolose di giornalisti in Calabria

Avamposto, libro inchiesta di Roberta Mani e Roberto Rossi, racconta le vite pericolose dei giornalisti che osano raccontare la 'ndrangheta. Storie di paura, libertà e giornalismo

Avamposto, morti che camminano 
Vite pericolose di giornalisti in Calabria

Milano - Una vita appesa a una penna, a una macchia di inchiostro su una pagian bianca. Ci sono posti, in Italia, dove se racconti la verità rischi la vita. È un problema di libertà, è un problema di democrazia, ma è anche il terrore che ingabbia le vite di chi, in Calabria, è in prima linea. Cronisti minacciati dalla 'ndrangheta. La mafia più potente e sottovalutata del nostro Paese raccontata attraverso le storie di chi ogni giorno ne dà notizia. E ci sbatte il muso. Scrivanie che diventano avamposti di libertà e giustizia, trincee dalle quali ci si può difendere solo con la parola.

Se un articolo diventa una condanna a morte
Bastano due lettere, una sigla, per firmare la propria condanna a morte. Volti sconosciuti col vizio di chiamare le cose col loro nome, animati dal desiderio di normalità. E tanto basta per esporsi al pericolo. Non ci sono eroi in Avamposto, libro inchiesta di Roberta Mani e Roberto Rossi pubblicato per i tipi di Marsilio, ci sono solo persone a rischio per aver creduto nel diritto di cronaca. La loro colpa, quella di vivere troppo, troppo vicino alle ville dei mammasantissima.

Storie di mafia, di faide sanguinose, di ragazzi uccisi e mai più ritrovati, di potentati locali, di cattiva politica, di imprenditoria marcia, di giudici nel mirino e magistrature compiacenti. Storie sconosciute di coraggio e libertà. Storie qualunque che diventano il miglior termometro per comprendere la realtà di una terra ostaggio della peggiore forma di sovranità.

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