Garlasco, perché l'impronta 33 non risolve il giallo. "Come fare un'autopsia con un filtro Instagram"

Per i consulenti incaricati dalla difesa di Alberto Stasi l'impronta sarebbe intrisa di "sudore e sangue". Ma per l'esperta Anna Vagli è impossibile arrivare a questa conclusione, ecco perché

Garlasco, perché l'impronta 33 non risolve il giallo. "Come fare un'autopsia con un filtro Instagram"
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"Dire che un’impronta è insanguinata e intrisa di sudore senza avere più il muro su cui è stata lasciata è come fare un’autopsia con un filtro Instagram. Puoi anche vedere qualcosa, ma non saprai mai cosa c’era davvero". Lo scrive su Il Giorno la criminologa Anna Vagli, sollevando qualche perplessità sulle conclusioni prodotte dai consulenti della difesa di Alberto Stasi sull'impronta 33, ovvero la traccia palmare evidenziata sul muro della tavernetta in cui venne rinvenuto il corpo senza vita di Chiara Poggi il 7 agosto del 2007. "Senza l'impronta originaria, non c'è metodo forense", spiega l'esperta.

Il rebus dell'impronta 33

L'impronta 33 venne rilevata durante le prime indagini, a pochi giorni dal delitto. Per poter procedere con gli accertamenti scientifici, i Ris di Parma asportarono l'intero pezzo di intonaco su cui era impressa. Ad oggi quella traccia non è più disponibile, almeno non fisicamente, perché esaurita. Ne rimangono alcune immagini fotografiche, le stesse che sono state utilizzate dai consulenti incaricati dagli avvocati di Stasi per la nuova perizia. Secondo questi ultimi, non solo l'impronta è attribuibile all'attuale indagato Andrea Sempio, così come avevano concluso anche i periti della procura di Pavia, individuando 15 minuzie, ma sarebbe "intrisa di sudore e sangue". Inoltre, gli esperti sostengono che non sia compatibile con una normale discesa per le scale "ma a un contatto palmare intenso di chi appoggia tutto il proprio peso sul muro", si legge nella relazione visionata nei giorni scorsi da Adnkronos. Per completezza di informazione, bisogna ricordare che l'Obti test effettuato 18 anni fa non aveva rilevato la presenza di materiale ematico sulla traccia 33. "Senza l’originale, nessuna analisi, né 3D mapping, né residue pattern analysis, può essere eseguita. - chiarisce Anna Vagli - E un dato che non si può sottoporre a verifica non è scientifico. Le linee guida internazionali lo dicono chiaramente. Soprattutto lo dice la Cassazione. Una prova ha valore scientifico solo se fondata su un metodo riconosciuto, affidabile, testabile. Qui, semplicemente, non c’è più nulla da testare".

I dubbi e l'impronta della scarpa a pallini

L'esito della consulenza depositata dalla difesa di Alberto Stasi, assistito dagli avvocati Giada Boccellari e Antonio De Rensis, ha suscitato le reazioni dei legali di Andrea Sempio. "Nessun timore, è una consulenza di parte che ha il medesimo valore della nostra consulenza. Niente è stato accertato", è stata la replica a caldo dell'avvocato Angela Taccia, che assiste il nuovo indagato. Il legale della famiglia Poggi, l'avvocato Gian Luigi Tizzoni, aveva chiesto con un'istanza formale alla procura di Pavia di estendere l'incidente probatorio anche all'impronta 33, ma la richiesta è stata respinta. Nel provvedimento del 2 luglio scorso, i pm titolari del nuovo fascicolo di indagine hanno precisato che "non è possibile procedere ad accertamenti biologici" sul reperto fotografico. "Anche ammettendo, sulla base delle minuzie, che quell’impronta sia di Sempio, resta un ostacolo insormontabile: per collocarlo davvero sulla scena, serve dimostrare che quell’impronta è stata lasciata con sangue", puntualizza ancora Vagli. Tra le tracce rilevate all'interno della villetta di via Pascoli a Garlasco, dove si consumò l'efferato delitto, vi sono alcune mai attribuite.

Come l'orma di una scarpa con la suola a pallini: "Una misura 42, compatibile per il perito dell’appello bis con il condannato Stasi. - conclude la criminologa - Non con Sempio, che calza il 44. Due centimetri. Non un dettaglio".

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