Garlasco: “Quando metti in galera la gente…”. La verità del giudice Vitelli su Stasi

Le dichiarazioni del gup Stefano vitelli, che assolse Alberto Stasi in primo grado per l'omicidio di Chiara Poggi: "Non volevo assolvere subito. Su Stasi ragionevole dubbio”

Garlasco: “Quando metti in galera la gente…”. La verità del giudice Vitelli su Stasi
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Alberto Stasi è stato condannato in via definitiva nel 2015 per l'omicidio della fidanzata Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007. Una parte dell'opinione pubblica però ritiene che il giovane fosse innocente: ci sono una serie di ragioni per cui questo accade, una di esse è l'assoluzione di Stasi in primo grado.

Ad assolvere Stasi fu il gup Stefano Vitelli in corte d’assise a Vigevano nel 2009: il magistrato, ospite ieri a Ore 14 Sera (Rai2), ha parlato di quel processo. “Io ho sempre ritenuto, e lo ritengo tuttora, che il caso di Garlasco, per come era stato impostato nei confronti di Alberto Stasi come autore dell’omicidio, un caso paradigmatico di ragionevole dubbio. È ragionevole dubitare che sia stato davvero lui”, ha esordito Vitelli.

Il magistrato ha poi parlato della figura di Stasi sul profilo tecnico e umano: “Tecnicamente Alberto Stasi è stato l'imputato di un processo indiziario particolarmente ed eccezionalmente complesso, difficile, peculiare, per certi versi irripetibile. La difficoltà specifica di questo processo è una ragione in più che alimenta il fuoco del ragionevole dubbio. Dal punto di vista umano, Alberto Stasi non è stato il protagonista di questo processo. È stato un processo con il rito abbreviato, non è stato interrogato. È stato un imputato molto attento, che seguiva diligentemente l'udienza, prendeva tanti appunti. Ricordo un leggero imbarazzo, fastidio in alcuni momenti, in cui venivano mostrate le immagini di pornografia adulta che lui aveva nel personal computer, per il resto è stato sempre molto controllato e molto attento”.

Vitelli ha inoltre ricordato le “lacune e incidenze istruttorie che non possono andare a discapito dell’imputato” e che “il movente non è stato mai provato”. Il processo che ha deciso l'assoluzione di Stasi non è stato tuttavia in discesa, perché il gup dispose alcuni accertamenti: “Non ho assolto subito. Probabilmente la difesa di Stasi, nel chiedere l’abbreviato contava su un’assoluzione. Era un omicidio, un caso talmente grave. Non me la sentivo di assolvere subito”.

Vitelli ha infatti specificato come volesse “approfondire in maniera multidirezionale” il caso del delitto di Garlasco, a partire dell'alibi informatico dell'imputato, per capire se in effetti il lavoro alla tesi di quella mattina fosse sufficiente a piazzarlo lontano dalla scena del delitto.

Si è parlato anche dell'ormai celeberrimo esperimento giudiziario in cui Stasi fu sottoposto a una camminata all'interno della scena del crimine, per comprendere come fosse possibile non solo che le sue calzature fossero pulite pur essendo entrato nella villetta dei Poggi, ma anche come mai il suo passaggio non avesse interferito con le tracce di sangue. E si è fatto riferimento alla telefonata al 118 fatta appena fuori alla caserma dell’Arma, nonché alla descrizione del corpo che Stasi rese immediatamente ai carabinieri, parlando di un volto bianco e del corpo in fondo alle scale. Vitelli ha ricordato come i Ris gli abbiano spiegato che lo scivolamento del corpo fosse avvenuto in un lasso temporale non brevissimo, per cui se Stasi fosse stato l’assassino e avesse fatto tutto in fretta, ci si sarebbe aspettato che non descrivesse il cadavere in fondo alle scale ma più o meno a metà della rampa.

La conclusione di Vitelli ricorda la questione del ragionevole

dubbio, quello per cui ancora parte dell'opinione pubblica ha difficoltà a vedere Stasi come colpevole: “Quando metti in galera la gente, non dico che devi correre in discesa, ma almeno in pianura”.

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