Amanda Knox: "Io e Meredith entrambe vittime". Bufera sull'Intervista con Gwyneth Paltrow

L’ex imputata per l’omicidio di Meredith Kercher si definisce “vittima delle stesse circostanze” della giovane inglese, scatenando un’ondata di critiche

Amanda Knox: "Io e Meredith entrambe vittime". Bufera sull'Intervista con Gwyneth Paltrow

Amanda Knox torna a far parlare di sé, e lo fa in grande stile, ospite del podcast Goop condotto dall’attrice Gwyneth Paltrow. Un’apparizione che ha suscitato fortissime polemiche: non tanto per le parole di Knox, ormai nota negli Stati Uniti come attivista contro le ingiuste condanne, ma per la scelta, da parte di Paltrow, di offrirle una cassa di risonanza così prestigiosa. L’episodio, anticipato con una clip pubblicata su Instagram, ha immediatamente scatenato reazioni contrastanti, specialmente in Italia e nel Regno Unito, dove il ricordo di Meredith Kercher, la studentessa britannica assassinata a Perugia nel 2007, è ancora vivido e doloroso.

Amanda e Meredith: "Entrambe vittime"

Durante l'intervista, Amanda Knox ha espresso un pensiero che ha fatto molto discutere: "Io e Meredith eravamo entrambe vittime delle stesse circostanze", ha detto, riferendosi alla tragica vicenda che le ha viste protagoniste. "Le persone hanno sempre cercato di metterci l’una contro l’altra in modo orribile", ha proseguito, "quando in realtà eravamo semplicemente due ragazze che volevano studiare in Italia. Meredith non ha fatto nulla di male. Io non ho fatto nulla di male. Eppure ci sono successe cose orribili".

Una narrazione che, come spesso accade quando Knox prende la parola, divide. Se negli Stati Uniti il suo ruolo di presunta "vittima del sistema giudiziario" è ampiamente accettato, in Italia la sua figura rimane controversa.

L’attacco agli inquirenti italiani

Nel corso dell’intervista, Amanda Knox è tornata anche ad accusare duramente la magistratura italiana. "Perché gli inquirenti, alla prima occhiata, vedendo una ragazza di vent’anni, senza precedenti e senza movente, hanno subito pensato: “Ecco la mia stupratrice e la mia assassina”?", si è chiesta, con tono critico e provocatorio.

Un riferimento diretto all’indagine che la vide inizialmente accusata, insieme al suo ex fidanzato Raffaele Sollecito, dell’omicidio della Kercher. Accusa poi ribaltata negli anni, fino alla sentenza definitiva di assoluzione. Ma la ferita, a quanto pare, è ancora aperta.

Un nuovo racconto (e un business) sulla sua storia

Knox ha anche colto l’occasione per promuovere i suoi progetti più recenti: il profilo Substack, dove condivide riflessioni e articoli sulla giustizia e la sua esperienza personale, e l’app per il benessere Waking Up, sviluppata per “aiutare le persone a ritrovare equilibrio dopo esperienze traumatiche”.

Intanto, la sua vicenda è tornata anche sul piccolo schermo. Lo scorso agosto è uscita su Disney+ la miniserie The Twisted Tale of Amanda Knox, girata proprio a Perugia. Otto episodi che raccontano, secondo molti, una versione “innocentista” della storia, puntando il dito contro la gestione dell’indagine da parte della giustizia italiana e la pressione dei media. Un racconto che ha sollevato l’ennesima ondata di indignazione in chi, soprattutto tra i familiari e amici di Meredith, ritiene che Knox continui a “sfruttare” una tragedia che non le appartiene interamente.

L’indignazione dei fan (e non solo)

Ma a finire nel mirino, stavolta, è stata soprattutto Gwyneth Paltrow. L’attrice premio Oscar e fondatrice del brand Goop è stata accusata da molti ascoltatori di "mancanza di rispetto" verso la memoria di Meredith Kercher. "Perché dare voce a questa donna?", scrive un utente sotto il post Instagram. "Continua a fare soldi sulla morte di qualcun altro. Scusa Gwyneth, ma questa volta hai toccato il fondo". E ancora: "Riposa in pace Meredith. Le mie condoglianze alla sua famiglia. Questa intervista è un insulto".

Una pioggia di critiche che ha riportato al centro del dibattito l’uso mediatico di casi giudiziari controversi, tra diritto alla narrazione personale e rispetto per le vittime e i loro familiari.

Un caso ancora divisivo

Il caso Kercher è uno dei più noti e discussi della cronaca giudiziaria degli ultimi vent’anni. Il corpo della studentessa britannica fu ritrovato nel novembre 2007 nella sua stanza, nella casa che condivideva con Amanda e altre coinquiline. Parzialmente svestita, con ferite da arma da taglio e segni di aggressione sessuale. Le prime accuse colpirono Knox e Sollecito, arrestati e poi condannati.

Amanda fu inizialmente condannata a 26 anni, ma dopo una lunga serie di appelli e revisioni processuali, fu definitivamente assolta nel 2015. Tuttavia, nel 2025, è arrivata una condanna definitiva per calunnia, per aver accusato ingiustamente Patrick Lumumba, allora suo datore di lavoro, di essere il responsabile dell’omicidio. L’unico condannato per l’omicidio resta Rudy Guede, ivoriano, il cui DNA fu rinvenuto sulla scena del crimine. Guede ha scontato 13 anni di carcere ed è tornato in libertà nel 2021.

Tra immagine pubblica e verità giudiziaria

Da allora Amanda Knox ha costruito una nuova immagine di sé: quella di portavoce di chi subisce errori giudiziari, con frequenti apparizioni pubbliche, interventi nei media e la pubblicazione di un libro autobiografico. Ma per molti, soprattutto in Europa, quella immagine non cancella le ombre e le domande ancora aperte.

La sua intervista con Gwyneth Paltrow, al di là del contenuto, riaccende il dibattito su come la giustizia, la

verità e la narrazione pubblica possano percorrere strade diverse. E su quanto, a distanza di quasi vent’anni, il dolore per la morte di Meredith Kercher sia ancora vivo, e meriti rispetto prima di tutto.

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