La mano dell'Iran dietro l'attacco a Israele. E adesso si teme il fronte nord

Hamas armata e pilotata dall'Iran: è questa l'ipotesi che prende forma dopo una giornata di guerra. E ora Israele teme la riapertura del fronte con il Libano

La mano dell'Iran dietro l'attacco a Israele. E adesso si teme il fronte nord

Hamas avrebbe agito grazie e per conto dell'Iran. Per questa ragione ora Israele teme più che mai l'attacco da nord. L'ombra dell'Iran, intenzionato a far saltare l'accordo di normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, si allunga sul Mediterraneo orientale, proprio il giorno dopo il 50mo anniversario della guerra di ottobre del 1973 tra Israele, Siria ed Egitto. Si risveglia soprattutto lo spauracchio del nemico atavico dell'area, che ha permesso l'arrivo a Gaza di forniture sempre più sofisticate, oltre al timore per i missili a lungo raggio di cui dispongono gli Hezbollah in Libano.

L'Iran ha celebrato con i fuochi d'artificio l'operazione delle milizie palestinesi di Hamas contro Israele. "Allah Akbar, Allah Akbar" gridavano centinaia di persone nella piazza di Teheran, dove si sono riunite per manifestare il loro sostegno all'operazione "Tempesta di Al Aqsa". I canti sono stati accompagnati da fuochi d'artificio e canzoni, che hanno dato un'aria festosa alla capitale iraniana, come mostrato dalle televisioni del Paese. Il portavoce del Ministero degli Esteri iraniano, Naser Kananì, "si è congratulato con la grande nazione palestinese e con tutti i gruppi antisionisti per l'operazione Tempesta di Al Aqsa", secondo l'agenzia Isna. Allo stesso tempo, nel Parlamento iraniano, i deputati si sono alzati in piedi e hanno lanciato slogan a sostegno di Hamas, secondo video condivisi dai media del Paese. Solo quattro giorni fa, Khamenei aveva assicurato che i giorni di Israele erano "contati".

Perchè l'Iran ha fornito assistenza ad Hamas

L'Iran sostiene gli attacchi missilistici palestinesi contro Israele e "starà al fianco" dei combattenti palestinesi fino alla liberazione finale della Palestina e del suo principale santuario, la città di Gerusalemme, ha affermato il generale Rahim Safavi, consigliere della Guida Suprema della Repubblica Islamica, Ali Khamenei, come riporta l'agenzia Isna. "Sosteniamo questa operazione", ha detto commentando gli attacchi di Hamas su Israele. "Rimarremo con i combattenti palestinesi fino alla completa liberazione della Palestina e di Gerusalemme", ha detto Safavi dicendosi "orgoglioso" dell'azione sferrata da Hamas. Dopo una giornata di carneficina sembra essere conclamata per tutti la matrice iraniana dell'attacco sferrato da Hamas alla controparte israeliana.

"L'Iran ha fornito sostegno militare, logistico e di altro tipo ad Hamas", e "lavora con Hezbollah" per costringere Israele a confrontarsi "su tre fronti: Gaza, Cisgiordania e Libano". A dirlo è Meir Litvak, esperto israeliano d'Iran, rispondendo all'Adnkronos sul ruolo di Teheran nell'attacco a Israele. "Anche se non sono sicuro che l'Iran sia stato coinvolto nella preparazione tattica di questa operazione, ha fornito sostegno militare, logistico e di altro tipo ad Hamas", sottolinea il docente di Storia del Medio Oriente ed esperto d'Iran dell'università di Tel Aviv. "Ancora più importante - rimarca Litvak, riferendosi alla milizia sciita libanese - l'Iran lavora con Hezbollah in quella che chiamiamo 'unità delle arenè per costringere Israele a confrontarsi su tre fronti allo stesso tempo: Gaza, la Cisgiordania e il Libano. Abbiamo visto negli ultimi mesi un massiccio contrabbando di armi verso la Cisgiordania organizzato dall'Iran, parte di questa strategia".

Il fronte tra il Libano e Israele rischia di riaprirsi con l'attacco di Hamas

Un'azione orchestrata dall'Iran che ora rischia di degenerare ulteriormente con l'apertura di un fronte tra Israele e il Libano. Questa la chiave di lettura anche per Morris Mottale, professore di politica internazionale e sicurezza alla Franklin University di Lugano: "Bisogna riconoscere che gli iraniani che hanno organizzato l'attacco. E' nel loro interesse", spiega Mottale in un'intervista all'Adnkronos, nella quale evidenzia come i politici della Repubblica islamica siano "astuti" e pronti a sacrificare sull'altare della guerra allo Stato ebraico "fino all'ultimo arabo, fino all'ultimo palestinese" oltre ad avere "un interesse strategico nel distruggere Israele perché lo delegittima" agli occhi dei Paesi arabi che vogliono far la pace con Tel Aviv. Recentemente, ricorda Mottale, il comandante militare di Hamas, Mohammad Deif, è stato a Teheran. Inoltre, evidenzia, la guerra a Gaza distoglie anche l'attenzione degli occidentali dai problemi interni dell'Iran, dalla repressione delle proteste agli abusi contro le donne. Insomma per i mullah, forti anche dell'alleanza con Cina e Russia, quanto accade a Gaza apre scenari "vincenti sotto tutti i punti di vista".

L'attacco di Hamas e gli Hezbollah

Gli Hezbollah libanesi rimangono per il momento alla finestra, ma si dicono pronti a entrare in guerra dal fronte nord di Israele. Come sembrava stesse per accadere questo pomeriggio, quando i media israeliani avevano segnalato un tentativo di ingresso, fermato dai soldati di Tel Aviv, poi subito smentito da fonti del "Partito di Dio". Diversi analisti mediorientali concordano nel vedere la Repubblica islamica come principale ispiratore della massiccia offensiva sferrata da Hamas e dalla Jihad islamica a partire dalla Striscia di Gaza. L'azione militare lanciata da Hamas è stata chiamata "Diluvio di al-Aqsà", ovvero di Gerusalemme, in riferimento al terzo luogo santo per l'Islam dopo Mecca e Medina. Hamas, la Jihad islamica e il loro patron iraniano puntano sui pilastri della retorica anti-israeliana: l'appello ai valori dell'Islam e la difesa di Gerusalemme. Un appello a cui si sono associati, finora però solo a parole, i jihadisti sciiti libanesi, che hanno affermato di seguire "da vicino e con grande interesse gli sviluppi sul terreno palestinese. La nostra dirigenza è in contatto diretto con la direzione della resistenza palestinese dall'interno e dall'esterno (della Palestina)". Solo pochi giorni fa, il leader di Hezbollah, Hasan Nasrallah, aveva dichirato in un discorso pubblico che il movimento filo-iraniano è pronto a scatenare una vasta offensiva contro Israele. La data scelta per lanciare l'attacco porta alla mente scenari di accerchiamento di Israele da parte dei suoi nemici atavici nella regione, il cosiddetto "Asse della Resistenza" guidato proprio dall'Iran.

Hamas, Hezbollah e le potenze regionali negli ultimi mesi

Hezbollah ha rafforzato in questi mesi la sua presenza lungo il fronte transnazionale, che va dalla costa mediterranea libanese fino al confine giordano sulle rive dello Yarmuk passando per l'Alta Galilea e le Alture del Golan. Solo un anno, fa gli Hezbollah siglavano, tramite gli Stati Uniti e il governo libanese, un accordo storico con Israele per la spartizione delle risorse energetiche a largo delle coste libanesi e israeliane, definendo - per la prima volta dopo decenni di belligeranza - la frontiera marittima tra i due Paesi. Un passo che era andato nella direzione di un processo di normalizzazione regionale tra diversi attori rivali nella regione: Iran e Arabia Saudita hanno ripreso i rapporti diplomatici a marzo su pressioni della Cina, accelerando il processo di negoziazione politica in Yemen, dove sauditi e iraniani si sono fatti la guerra per otto anni appoggiandosi sui rispettivi clienti locali. Dopo gli accordi di pace di tre anni fa tra Israele, Emirati Arabi Uniti, Bahrein, Marocco e Sudan, la svolta tanto attesa sarebbe dovuta arrivare nei prossimi mesi, comunque prima delle presidenziali statunitensi di novembre 2024: la normalizzazione diplomatica tra Arabia Saudita e Israele. Per questo, la reazione di Riad all'offensiva di Hamas è stata dettata dalla necessità di non infastidire il futuro alleato israeliano senza rinunciare alla retorica filo-palestinese: il regno del Golfo si è limitato a chiedere alle parti "la fine immediata dell'escalation".

Su questo Hezbollah ha risposto: "L'azione di oggi dimostra al mondo che la causa palestinese non è morta e manda un messaggio a chiunque cerchi di normalizzare i rapporti con il nemico", ponendo quasi la firma sulle ragioni dell'attacco stesso.

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