I Club Dogo, le minuscole, l’ebraico: cosa c'è di vero nel messaggio dell'amico di Sempio

Dal misterioso post dell’amico di Andrea Sempio al presunto legame con il locale santuario: la criminologa smonta la teoria che corre sui social

Screen "Chi l'ha visto?"
Screen "Chi l'ha visto?"

Direi di rimanere cauti anche nel rispetto della famiglia di Michele Bertani”. Questa frase è stata pronunciata a “Chi l’ha visto?” dalla legale Angela Taccia, che assiste Andrea Sempio, indagato a marzo 2025 per il delitto di Garlasco. Il riferimento di Taccia è legato alle intercettazioni-sfogo che hanno interessato il suo assistito, scosso dopo il suicidio dell’amico di infanzia, ma anche all’analisi di un post social di questo giovane, Michele Bertani, che si è tolto la vita nella primavera del 2016.

Una traduzione forzata

Bertani, il 19 gennaio di quell’anno, aveva pubblicato su Facebook una citazione di un brano dei Club Dogo: “La VeriTa Sta Nelle CoSe Che NeSSuno sa!! la Verità nessuno mai te la racconterà…”. Il primo verso è composto da un’alternanza di maiuscole e minuscole: come ha riportato la trasmissione di Rai 3, un regista, Luigi Grimaldi, ha compiuto un’operazione particolare con Google Translate, come ha testimoniato lui stesso il 7 giugno 2025, scrivendolo a propria volta su Facebook: “Se togliamo dalla frase le maiuscole e lasciamo il resto esattamente come scritto otteniamo alcune parole senza senso. Col traduttore trascriviamole in ebraico...Prendiamo poi la frase in ebraico e sempre col traduttore ritraduciamola in in italiano”.

Traslitterazione post Bertani
Screen Google Translate

Ma questo uso di Google Translate è giusto? "Questi modelli non traducono parola per parola - spiega l'informatica, criminalista, analista forense Sara Capoccitti in merito a questa metodologia - ma analizzano intere frasi o segmenti per capirne il contesto: rappresenta un grande passo avanti rispetto ai vecchi metodi statistici usati fino a dieci anni fa. Funziona bene per le lingue ad alta risorsa, cioè quelle per cui Google ha potuto raccogliere molti dati bilingui: inglese, spagnolo, francese, tedesco, cinese. Per questi linguaggi, la qualità della traduzione può essere sorprendentemente vicina a quella umana, almeno per testi standard. Se per una lingua ci sono pochi dati – ad esempio, islandese, swahili o lingue indigene – il sistema ha meno materiale su cui 'imparare' e quindi potrebbe generalizzare male. Tradurre è come cucinare: se hai pochi ingredienti, il risultato sarà limitato. Google Translate va bene soprattutto per uso quotidiano, turismo o comprensione generale. Ma non va usato ciecamente per testi specialistici, legali o sensibili. E bisogna avere maggiore cautela quando si usano lingue meno comuni. È uno strumento, non un traduttore umano".

La Bozzola e la testimonianza

Il risultato, tornando alla metodologia diffusa sui social, è “הייתה שם ילדה שידעה”, che significa “lì c’era una bambina che sapeva”. Il suono di quella frase è “Haita sham yalda sheyodaat”, molto diverso dai suoni delle minuscole del post di Bertani, che sono “a eria' ta elle oe he euno sa” (la discrepanza di suoni è lampante di fronte all’affricata ש, ma non è il solo suono assente). Sul profilo di Bertani è presente un suo scatto ambientato nel santuario della Madonna della Bozzola, luogo nel 2014 di uno scandalo sessuale che si è concluso con la condanna per estorsione di due uomini, tra cui il latitante Flavius Savu, il quale sostiene che Chiara Poggi sia stata uccisa perché avrebbe scoperto alcune cose in merito.

“Sono entrambe dietrologie che non vale la pena di prendere in considerazione - spiega a IlGiornale la criminologa, medico e Statement Analyst Ursula Franco, riferendosi sia alla traslitterazione di parte del post di Bertani, sia al presunto legame tra lo scandalo e il delitto di Garlasco - Nessuna tra le ipotesi alternative è fondata e la soluzione del caso è quella dell’appello bis che ha visto la condanna di Alberto Stasi”.

La chiave del delitto

Secondo Franco infatti, la chiave del delitto di Chiara Poggi si trova nelle attivazioni e disattivazioni degli allarmi di casa nella notte tra il 12 e il 13 agosto 2007, la sua ultima notte in vita. “Il caso Poggi - aggiunge la dottoressa Franco - è un caso chiuso ermeticamente. Stasi è colpevole de iure e de facto. E non si è trattato di un omicidio in concorso. Sempio non andava indagato perché è estraneo all’omicidio, è un innocente de facto. Ogni sua traccia si spiega con la frequentazione della villetta dei Poggi e non con un’azione delittuosa”.

L’indagine su Sempio è partita dalla presenza del suo materiale biologico sui margini delle unghie di Chiara Poggi. “Per quanto riguarda una eventuale presenza di Dna di Sempio sulle mani di Chiara - conclude Franco - l’ipotesi più plausibile è che Chiara, la mattina dell'omicidio, abbia toccato un oggetto di uso comune, come può esserlo una maniglia di una porta.

Infatti sulle sue mani sono stati “‘evidenziati profili commisti, originati cioè dal contributo di materiale biologico di più soggetti’, una riprova che il DNA di Sempio si trasferì sulle sue mani dopo il contatto con un oggetto in uso a tutti coloro che vivevano e frequentavano casa Poggi”.

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